LA DIAGNOSI PSICHIATRICA (Goodwin- Guze)

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ScintilladiEmi
view post Posted on 4/9/2009, 16:56





LA DIAGNOSI PSICHIATRICA (Goodwin- Guze)
CAP. 1) DISTURBI AFFETTIVI (disturbi dell’umore)
La depressione e l'euforia sono i sintomi principali dei disturbi affettivi.
Associati all'umore depresso ci sono altri sintomi come l'insonnia, l'anoressia, le idee di suicidio e la sensazione di inutilità o di essere un peso per gli altri; all'euforia si associano l'iperattività e la fuga delle idee.
Il DSM-IV-R ha cambiato il termine "disturbi affettivi" in "disturbi dell'umore". L'umore è definito come "un'emozione di lunga durata che colora l'intera vita psichica e che implica di solito depressione o euforia".
I disturbi affettivi sono un gruppo di malattie caratterizzate da un' alterazione dell'umore di lunga durata, "accompagnata da una sindrome depressiva o maniacale parziale o completa non causata da altri disturbi fisici o mentali" (DSM-IV).
I disturbi affettivi sono caratterizzati da umore depresso, umore elevato (mania) o da una alternanza di depressione e mania. Il termine classico per quest'ultima condizione è "malattia maniaco-depressiva" o "disturbo bipolare".
La classificazione più recente dei disturbi affettivi è quella del DSM-IV, pubblicato nel 1994 dall'Associazione Psichiatrica Americana. In questo manuale la depressione grave è denominata "depressione maggiore"; la forma meno grave è chiamata "disturbo distimico"; la forma meno grave di mania è invece chiamata "ipomania"; la forma meno grave di disturbo bipolare è chiamata infine "disturbo ciclotimico".
Altri due termini utilizzati sono: "disturbi affettivi primari" e "disturbi affettivi secondari". Il termine "primario" è usato per indicare quei disturbi affettivi non preceduti da altre malattie psichiatriche, mentre il termine "secondario" indica l'esistenza del passato di altri disturbi psichiatrici. Il disturbo affettivo è considerato bipolare quando include episodi maniacali, indipendentemente dalla presenza di episodi depressivi. Quando il disturbo implica solo episodi depressivi si usa il termine "depressione unipolare". Per diagnosticare questi disturbi ci deve essere una sindrome, cioè un gruppo caratteristico di sintomi che distingua un disturbo da un altro.
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Criteri diagnostici del DSM-IV per l' Episodio Depressivo Maggiore
A. Cinque (o più) dei seguenti sintomi sono stati contemporaneamente presenti durante un periodo di due settimane e rappresentano un cambiamento rispetto al precedente livello di funzionamento.
1. Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno.
2. Marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno.
3. Significativa perdita di peso, senza essere diretta, o aumento di peso, oppure diminuzione dell'appetito, quasi ogni giorno.
4. Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno.
5. Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno.
6. Faticabilità o mancanza di energia quasi ogni giorno.
7. Sentimenti di auto-svalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati, quasi ogni giorno.
8. Ridotta capacità di pensare o di concentrarsi, o indecisione, quasi ogni giorno.
9. Pensieri ricorrenti di morte, ricorrente ideazione suicidaria.
B. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo, o di altre aree importanti.
C. I sintomi non sono dovuti agli affetti fisiologici diretti di una sostanza o di una condizione medica generale.
D. I sintomi non sono mai giustificati da lutto, cioè dopo la perdita di una persona amata, i sintomi persistono per più di due mesi, o sono caratterizzati da una compromissione funzionale marcata, auto-svalutazione patologica, ideazione suicidaria, sintomi psicotici, rallentamento psicomotorio.
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Criteri diagnostici del DSM-IV per l' Episodio Maniacale
A. Un periodo definito di umore anormalmente e persistentemente elevato, espansivo, o irritabile, della durata di almeno una settimana.
B. Durante il periodo di alterazione dell'umore, tre (o più) dei seguenti sintomi sono stati persistenti e presenti a un livello significativo:
1. Autostima ipertrofica o grandiosità.
2. Diminuito bisogno di sonno.
3. Maggiore loquacità del solito.
4. Fuga delle idee.
5. Distraibilità.
6. Aumento dell'attività finalizzata, oppure agitazione psicomotoria.
7. Eccessivo coinvolgimento in attività ludiche che hanno un alto potenziale di conseguenze dannose (per esempio eccessivi nel comprare).
C. L'alterazione dell'umore è grave da causare una compromissione del funzionamento lavorativo o delle attività sociali abituali o delle relazioni interpersonali, o da richiedere l'ospedalizzazione per prevenire danni a sé o agli altri, o sono presenti manifestazioni psicotiche.
D. I sintomi non sono dovuti agli affetti fisiologici diretti di una sostanza, o di una condizione medica generale.
Cenni storici
Ippocrate fu il primo a descrivere i disturbi affettivi. Egli introdusse il termine "melanconia" poiché pensava che la depressione fosse dovuta all'influenza della bile nera e del flemma sul cervello, le quali "oscurano lo spirito e lo rendono melanconico". Circa 500 anni dopo Areteo di Cappadocia descrisse l'associazione tra melanconia e mania. Nel XIX secolo il medico francese Falret descrisse una varietà episodica di depressione che colpiva più spesso le donne, talvolta alternata alla mania. Falret e Baillarger (che pure descrisse gli attacchi di mania e melanconia) probabilmente influenzarono Kraepelin nella elaborazione del suo concetto di psicosi maniaco-depressiva. Nel 1896 egli separò le psicosi funzionali in due gruppi: la demenza praecox e la psicosi maniaco-depressiva.
La demenza praecox era cronica e senza remissioni; la psicosi maniaco-depressiva non portava invece all'invalidità cronica.
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Kraepelin riteneva che la psicosi maniaco-depressiva era di solito indipendente da cause sociali e psicologiche, la causa della malattia era cioè "innata". Freud e gli psicoanalisti sostennero invece il contrario.
Sin dai primi anni del XX secolo è emersa una controversia sulla distinzione tra depressione "endogena" e depressione "reattiva". Kraepelin e i suoi seguaci cercavano di delimitare il comportamento patologico descrivendone i sintomi. Freud e i suoi allievi studiavano invece i meccanismi mentali che potevano essere più evidenti negli stati patologici ma che comunque non erano limitati a tali condizioni. Queste differenze di approccio furono aggravate dal fatto che gli psichiatri kraepeliani si occupavano principalmente di malati gravi e ospedalizzati, mentre gli psichiatri freudiani curavano soprattutto malati meno gravi e non ricoverati.
Nel XX secolo si è postulata l'esistenza di due forme di depressione, sia le depressioni reattive che quelle endogene possono essere classificate come disturbi affettivi primari o secondari. I disturbi affettivi primari dovrebbero essere divisi in forme bipolari e unipolari. C'è una maggiore prevalenza dei disturbi affettivi tra i parenti dei pazienti bipolari che tra i parenti dei pazienti unipolari.
Epidemiologia
Circa il 5% degli uomini e il 9% delle donne viene colpito nel corso della vita da un disturbo affettivo primario: questo è emerso da vecchi studi condotti su grandi campioni di individui selezionati da aree isolate. Comunque altri studi hanno riportato una prevalenza molto più alta, ed è quindi difficile sapere quali siano i dati più affidabili. Le differenze dei dati non vanno necessariamente ricondotte al solo problema delle procedure di valutazione. I fattori culturali e genetici possono infatti modificare la prevalenza dei disturbi affettivi.
La depressione è la diagnosi più comune in psichiatria; la maggior parte degli studi indica che i disturbi affettivi primari sono più frequenti delle donne che negli uomini. Secondo alcuni studi, inoltre, i disturbi affettivi primari colpirebbero soprattutto gli individui molto competitivi che sentono il forte bisogno dell'approvazione e del successo sociale.
Quadro clinico
La classificazione dei disturbi affettivi rimane comunque controversa; per esempio il DSM-IV non distingue i disturbi affettivi primari e secondari. Ma è in ogni caso opportuno fare questa distinzione perché anche se i sintomi sono simili, la prognosi e la terapia differiscono.
I disturbi affettivi primari, che non sono conseguenti a malattie psichiatriche o mediche croniche e debilitanti, consistono in episodi discreti intervallati da periodi di normalità.
Invece nei disturbi affettivi secondari, quando di solito la malattia preesistente è cronica, il paziente non sta bene nei periodi tra gli episodi. Tutti i disturbi psichiatrici, inclusa la schizofrenia e le sintomi cerebrali organiche, comportano un aumento di rischio per la depressione secondaria.
I principali disturbi nel corso di un episodio depressivo sono di solito psicologici: senso di inutilità, disperazione o idee autolesionistiche. I pazienti depressi possono però lamentarsi anche di dolori, tachicardia, difficoltà di respiro, disturbi gastrointestinali, mal di testa o altri disturbi somatici. L'umore disforico del paziente depresso è normalmente caratterizzato da tristezza o abbattimento, ma alcuni pazienti affermano
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di sentirsi senza speranza, irritabili, impauriti, preoccupati o semplicemente scoraggiati. Altri sintomi tipici sono l'anoressia con perdita di peso, l'insonnia, il risveglio mattutino precoce, l'astenia (stanchezza diffusa o faticabilità), l'agitazione o, al contrario, il rallentamento psicomotorio, inoltre abbiamo la perdita di interesse per le normali attività, sensi di colpa o di rimprovero verso se stessi che possono assumere carattere delirante, incapacità di concentrarsi, spesso associata alla consapevolezza di un rallentamento del pensiero, idee ricorrenti di morte o di suicidio.
In alcuni pazienti depressi l'agitazione è così marcata che quasi non si notano gli altri sintomi; costoro arrivano dal medico perché i parenti li sorprendono a camminare nervosamente senza scopo, a torcersi le mani, a lamentarsi del loro destino, aggrappandosi a chiunque li voglia ascoltare. In altri pazienti è l'inibizione ad essere prevalente: sono evidenti segni di allentamento ideativo e motorio; il ritardo psicomotorio può essere così grave da portare il paziente al mutismo o addirittura allo stupor. I deliri tipici dei depressi sono però quelli ipocondriaci o nichilisti: alcuni depressi gravi sono convinti di essere così colpevoli e malvagi da pensare che il mondo si stia disintegrando a causa loro. Nei disturbi affettivi primari ci possono essere anche allucinazioni, di solito consistono in voci accusatorie o in visioni di parenti defunti accompagnate da sensi di colpa. Nei disturbi affettivi primari i deliri e le allucinazioni sono congrui con l'umore, cioè il loro contenuto è in accordo con l'umore del paziente.
Nella depressione i contenuti più comuni sono: la colpa, la malattia, la povertà, la morte, una meritata punizione.
Nella mania i contenuti più comuni sono invece l'autostima esagerata, il potere, una relazione speciale con una divinità o con una persona famosa. La malattia depressiva è probabilmente più dolorosa di ogni altra malattia. Molti di questi pazienti commettono infatti il suicidio: il soggetto è isolato dalla famiglia e dagli amici perché la depressione impoverisce i sentimenti e perché egli può sentirsi indegno dell'affetto dei suoi cari, o perché gli altri se ne allontanano non sopportando più la manifestazione delle sue sofferenze.
Inoltre il paziente tende a mascherare la sua condizione, egli non rivela all'esterno quanto in realtà stia male. La maggior parte dei depressi riesce a portare avanti il lavoro quotidiano, mancando però di iniziativa e capacità direttiva.
I caratteri distintivi della mania sono l'euforia, l'iperattività e la fuga delle idee. Non tutti i pazienti maniacali sono euforici; alcuni sono irritabili. La fuga delle idee consiste in un passare velocemente da un'idea all'altra, è di solito comprensibile ed è caratterizzata da un eloquio accelerato, cioè un discorso del quale si dicono molte cose in un breve periodo di tempo. Tale discorso può essere accompagnato da rime, giochi di parole e associazioni scherzose.
Possono esserci anche sintomi psicotici: deliri di grandezza e di persecuzione, allucinazioni, idee di riferimento. Questi sintomi sono in genere congrui con l'umore. Alcuni pazienti soffrono contemporaneamente di depressione e di mania: possono ad esempio, piangere mentre esprimono contenuti euforici.
La distinzione unipolare-bipolare fu proposta per la prima volta da Leonhard.
Le forme bipolari tendono ad avere un esordio più precoce (tra i 25 e i 30 anni), episodi ripetuti, un esordio più frequente nel post partum, maggiore incidenza di suicidio.
Le forme unipolari hanno di solito un esordio più tardivo (tra i 30 e i 40 anni), episodi singoli, sintomatologia ansioso-depressiva. Le forme bipolari sono più spesso associate a deliri e ritardo psicomotorio, quelle unipolari all'agitazione. Alcuni bambini presentano
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episodi di depressione che assomigliano a quelli dell'età adulta: pianto, ritiro sociale, ipersensibilità dei problemi comportamentali. È in dubbio se tali episodi siano una manifestazione precoce del disturbo affettivo primario.
Due elementi fanno credere il contrario: in primo luogo la depressione infantile è più frequente nei maschi mentre quella degli adulti è più frequente nelle donne; in secondo luogo il sonno di bambini depressi non differisce da quello dei bambini normali, mentre i pazienti adulti soffrono di insonnia mista (difficoltà ad addormentarsi, risvegli durante la notte il risveglio definitivo anticipato).
Il test di soppressione con desametazione (DST) è stato considerato il primo test di laboratorio in psichiatria; introdotto da Carrol ha dato origine nello stesso tempo ad entusiasmo e critiche. L'entusiasmo iniziale non corrisponde in realtà ad una migliore previsione della risposta alla terapia e inoltre un test negativo non giustifica la sospensione della terapia.
Il DST potrebbe essere utile per decidere quando interrompere la terapia con gli antidepressivi, Dopo la remissione dei sintomi depressivi, c'è un periodo di rischio aumentato di ricadute. Poiché non si sa quanto duri in questo periodo, la terapia con antidepressivi viene di solito prolungata per sei mesi dopo la remissione dei sintomi acuti.
Uno altro test di laboratorio che era stato proposto per la diagnosi della depressione è la somministrazione dell'ormone tireotropo (TRH). Alcuni autori ritengono che combinando i test DST e TRH si possono identificare la maggior parte dei pazienti unipolari, ma questa nozione è controversa.
Storia naturale
La storia naturale dei disturbi affettivi primari è variabile, l'età di rischio si estende infatti per tutta la vita. L'età media di esordio dei disturbi affettivi primari è circa 40 anni; per le forme bipolari è circa 30 anni. Nell'intervallo tra gli episodi della malattia, i pazienti con disturbi affettivi primari di solito stanno bene, anche se vi possono essere occasionalmente dei sintomi residui; mentre i pazienti bipolari in fase di remissione in genere manifestano dei sintomi. Il periodo di maggior rischio per le ricadute è quello immediatamente successivo alla guarigione; più a lungo il paziente è stato bene, più basso è il rischio di ricaduta.
Complicazioni
C'è una chiara relazione tra depressione primaria e suicidio: tra coloro che commettono il suicidio, una percentuale compresa tra il 50 e il 70% risultò aver sofferto di sintomi depressivi. Il rischio di suicidio non è necessariamente correlato con la gravità dei sintomi ed è maggiore se l'età è sopra i 40 anni, se il paziente è maschio e se afferma di volersi uccidere. Le due malattie che più frequentemente comportano il suicidio sono la depressione primaria e l'alcolismo. L'alcolismo e l'abuso di droghe possono essere delle complicazioni dei disturbi affettivi primari. Un'altra complicazione è la ridotta capacità di giudizio. Molti pazienti maniacali mostrano spesso scarsa capacità di critica, prendono decisioni impulsive e non realistiche. Anche i pazienti depressi prendono
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decisioni sbagliate; talora la decisione di lasciare un lavoro, di trasferirsi in un'altra città o di separarsi dal coniuge è il risultato della continua insoddisfazione legata alla depressione.
C'è una relazione importante tra depressione unipolare e risultati scolastici mediocri, tra cui l'abbandono dell'Università. I pazienti depressi possono avere dei deficit nella memoria a breve termine ma non in quella a lungo termine; talvolta i deficit della memoria sono così gravi che viene erroneamente posta la diagnosi di demenza. Il deficit mnemonico conseguente a depressione è chiamato "pseudodemenza".
Studi familiari
Negli anni 60 diversi studi sulla familiarità dei disturbi affettivi giunsero alla conclusione che tali disturbi sono malattie a trasmissione familiare. Ricerche più recenti hanno messo in dubbio questi risultati. I dati che derivano dagli studi adottivi e gemellari hanno evidenziato come figli di genitori affetti da disturbi affettivi e allevati da genitori adottivi senza disturbi affettivi continuano ad avere un rischio elevato di ammalarsi di disturbo affettivo. In ogni caso, i fattori genetici sembrano essere più importanti nel disturbo bipolare che nel disturbo unipolare.
Winokur e collaboratori hanno ipotizzato l'esistenza di una associazione tra disturbo affettivo unipolare e alcolismo; questi autori hanno distinto la "malattia depressiva pura" e lo "spettro dei disturbi depressivi". Con questo termine si indica l'aggregazione di differenti malattie nella stessa famiglia distribuite secondo il sesso: alcolismo e sociopatia negli uomini, disturbo affettivo unipolare ed esordio precoce nelle donne. In realtà, in uno studio che ha messo a confronto i tassi di depressione in figlie di alcolisti allevate in famiglia o da genitori adottivi, è emerso un maggior rischio di depressione solo nei soggetti allevati nella famiglia di origine. Quindi l'associazione tra depressione e alcolismo sembra dipendere soprattutto da fattori ambientali.
Diagnosi differenziale
Distinguere il lutto e il disturbo affettivo primario può essere difficile. Il lutto non dura a lungo come un episodio di disturbo affettivo primario. Se il lutto dura più di un anno è probabile che la persona avesse un disturbo psichiatrico preesistente. La diagnosi differenziale tra disturbo di panico e disturbo affettivo primario può essere difficile perché spesso nel disturbo affettivo primario ci sono sintomi d' ansia e nel disturbo di panico ci sono sintomi depressivi. La distinzione dipende principalmente dalla cronologia: se i sintomi d'ansia precedono i sintomi depressivi, la diagnosi è disturbo di panico. In caso contrario la diagnosi è disturbo affettivo primario.
Nel disturbo affettivo primario sono frequenti le ossessioni, anche in questo caso la distinzione con il disturbo ossessivo si basa sulla cronologia: se le ossessioni e le compulsioni precedono i sintomi depressivi non si dovrebbe fare diagnosi di disturbo affettivo primario.
Distinguere tra schizofrenia e disturbo affettivo primario di solito non è un problema. La schizofrenia è una malattia cronica, ad esordio insidioso; inoltre nel disturbo affettivo primario non sono presenti disturbi formali del pensiero tipici della schizofrenia. Talora però la distinzione tra mania e schizofrenia può costituire un problema. Nella mania si possono avere allucinazioni bizzarre e drammatiche, deliri e altre alterazioni del pensiero simili a quelle presenti nella schizofrenia. Tuttavia la presenza di euforia,
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iperattività, fuga delle idee, indica che la diagnosi è di mania piuttosto che di schizofrenia.
CAP. 2) DISTURBI SCHIZOFRENICI
Le allucinazioni e i deliri sono considerati le manifestazioni più tipiche della malattia mentale. Questi sintomi si possono osservare in una grande varietà di malattie tra cui i "disturbi schizofrenici". I disturbi schizofrenici possono essere suddivisi in due categorie principali: una con prognosi relativamente sfavorevole ed un' altra con prognosi buona.
La categoria con prognosi sfavorevole è stata definita con i termini di schizofrenia, schizofrenia cronica, schizofrenia processuale, schizofrenia nucleare e schizofrenia senza remissioni.
La categoria con una buona prognosi è stata definita con i termini di disturbo schizofreniforme, schizofrenia acuta, schizofrenia reattiva, disturbo schizoaffettivo e schizofrenia remittente.
I disturbi schizofrenici sono caratterizzati da deliri e allucinazioni; altri sintomi comuni sono l'affettività inadeguata, ottusa o superficiale; una psicomotricità strana, bizzarra (detta "catatonica"), un processo di pensiero alterato in cui la progettualità verso uno scopo e le normali associazioni logiche sono distorte (allentamento delle associazioni e pensiero tangenziale). Sebbene i disturbi schizofrenici siano in genere cronici, alcuni casi si presentano come episodi isolati che si risolvono e che colpiscono individui con un buon livello di adattamento globale.
Cenni storici
Kraepelin, basandosi sui lavori di Kahlbaum e Hecker, che avevano descritto rispettivamente la "catatonia" e la "ebefrenia", poneva le basi per la concettualizzazione attuale della schizofrenia. Egli distinse la "psicosi maniaco-depressiva" dalla "demenza precoce", quest'ultima si riferiva a quella chiamata ora "schizofrenia cronica".
Una concettualizzazione più ampia della schizofrenia fu proposta da Bleuler, la sua ipotesi riguardava il distacco di base della malattia, vale a dire la "scissione" delle funzioni psichiche. Con questo termine egli intendeva l'incongruenza, l'inadeguatezza e la disorganizzazione dell'affettività, del pensiero e del comportamento in assenza di patologie cerebrali manifeste.
Bleuler pensava che i pazienti schizofrenici non guarissero mai completamente, nè mai tornassero alla condizione che precedeva la malattia.
La psicoanalisi considerò la schizofrenia principalmente come una manifestazione di un "Io debole". Incapaci di affrontare i problemi della vita e incapaci di controllare le forze istintuali e l'ansia, i pazienti "regrediscono" a un livello primitivo di attività psicosessuale che si manifesta con disturbi del pensiero, povertà affettiva, disorganizzazione e incapacità di conformarsi alle richieste della realtà. Nella concezione psicoanalitica, ogni manifestazione di debolezza dell' Io può considerarsi sintomo di schizofrenia. Con l'introduzione del DSM-III, del DSM-III-R e del DSM-IV, gli psichiatri di tutto il mondo sono arrivati ad accettare la definizione ristretta della schizofrenia. La definizione ristretta produce dati più coerenti per ciò che riguarda il decorso, la risposta alla terapia, l'esito a lungo termine e i dati familiari.
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Epidemiologia
La schizofrenia cronica colpisce un po' meno dell'1% della popolazione ma, a causa dell'esordio precoce, della cronicità e dell' associato handicap funzionale è una delle malattie psichiatriche più gravi. La schizofrenia si ritrova in tutte le culture; numerosi studi hanno dimostrato che la malattia è più comune tra le persone che provengono da livelli socio-economici più bassi. La malattia è quindi favorita dalla povertà, dall'istruzione limitata e dagli svantaggi sociali che ne conseguono. Diversi studi hanno tuttavia dimostrato come l'associazione tra schizofrenia e basso livello socio-economico possa essere spiegata dallo "scivolamento verso il basso", termine che si riferisce agli effetti della malattia sullo stato socio - economico del paziente. Se una malattia interferisce con la scolarizzazione e con il rendimento lavorativo in modo tale che l'individuo non può progredire nell'istituzione, il suo stato socio-economico non può essere elevato. Un'altra osservazione è la tendenza degli schizofrenici a nascere nei mesi dell'anno compresi tra la fine dell'inverno e l'inizio della primavera; i dati suggeriscono che qualcosa che si associa a questo periodo dell'anno predispone alla malattia. Inoltre, ci sono differenze sessuali nell'età dell'esordio e nella gravità del decorso della schizofrenia. I maschi hanno un'età dell'esordio precoce e una maggiore gravità di decorso e quadro clinico.
Quadro clinico
I deliri più comuni della schizofrenia sono quelli di persecuzione e di controllo a causa dei quali i pazienti credono che altri li spiino, che circolino false notizie sul loro conto, che si preparino piani per danneggiarli, che si cerchi di controllare i loro pensieri o le loro azioni, che si legga nella loro menti. Sono comuni anche i deliri di depersonalizzazione che possono prendere la forma di cambiamenti somatici la cui causa è talvolta attribuita all'azione oscura di qualcuno.
Le allucinazioni più comuni sono quelle uditive. Esse possono essere voci solitarie o multiple; il paziente può riconoscere oppure no le voci e discutere con esse. Tali voci possono originare da dentro il corpo del soggetto o da sorgenti esterne come la radio o i muri e spesso costringono il paziente a fare qualcosa che egli ritiene sbagliato. Sono frequenti anche le allucinazioni visive. Esse possono variare da forme vaghe e spaventose a immagine di familiari morti o lontani, o possono essere scene di violenza o infernali. Le allucinazioni olfattive, che sono rare, consistono di solito in odori spiacevoli emanati dal corpo del paziente. Le allucinazioni tattili, altrettanto rare, possono consistere nella sensazione che ci siano animali dentro il proprio corpo o che ci siano insetti che strisciano sopra la pelle.
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Il paziente schizofrenico ha un’ affettività appiattita, sembra emotivamente non reattivo, privo di entusiasmo e di empatia. Può parlare di pensieri traumatizzanti o spaventosi senza mostrare reazioni emotive adeguate ("incongruità affettiva").
Le posture ricorrenti, le smorfie, l'immobilità prolungata e la "flessibilità cerea" sono esempi drammatici di comportamento catatonico.
La difettosa finalizzazione del pensiero e del linguaggio schizofrenico può assumere varie forme, tutte possibili nello stesso paziente. Si verificano blocchi nei quali i pensieri e i discorsi si arrestano per riprendere nuovamente ma con un soggetto diverso. Vi sono anche associazioni tangenziali nelle quali le connessioni tra i pensieri sono impossibili da seguire, invenzioni di parole nuove (neologismi) o "insalate di parole" nelle quali il linguaggio del paziente è fatto di parole senza alcuna sequenza o significato comprensibili.
Molti psichiatri distinguono le forme paranoide, catatonica, ebefrenica e semplice a seconda che predominano i deliri, il comportamento motorio bizzarro, i disturbi dell' affettività e delle associazioni oppure il ritiro in se stessi e il deficit sociale.
Tuttavia, i sintomi variano con il tempo e quindi un paziente, durante l'evolversi della malattia, può rientrare nei criteri diagnostici di più di una forma.
I pazienti con disturbi schizofrenici, nel corso della malattia, possono presentare importanti alterazioni dell'umore, di solito depressione ma talora euforia; possono essere presenti altri sintomi affettivi come insonnia, anoressia, perdita di peso, diminuzione di interessi, astenia, difficoltà di concentrazione, sentimenti di colpa e idee di suicidio. Molti pazienti schizofrenici presentano anomalie strutturali o funzionali del cervello.
Alcuni psichiatri hanno dato molta importanza alla distinzione tra sintomi positivi (deliri, allucinazioni, comportamento bizzarro) e sintomi negativi (apatia, ritiro, sofferenza). I sintomi positivi consistono nell' espressione di un rilascio di funzioni normalmente inibite, i sintomi negativi consistono, invece, nella perdita di funzioni superiori.
Criteri diagnostici DSM-IV per la schizofrenia
A. Sintomi caratteristici: due (o più) dei sintomi seguenti, ciascuno presente per un periodo di tempo significativo durante un periodo di un mese:
1. Deliri.
2. Allucinazioni.
3. Eloquio disorganizzato (per esempio frequenti deragliamenti o incoerenza).
4. Comportamento disorganizzato o catatonico.
5. Sintomi negativi, cioè appiattimento dell'affettività, alogia (perdita di funzionare del pensiero logico), o abulia.
B. Disfunzione sociale/ lavorativa: per un periodo significativo di tempo dall'esordio del disturbo, una o più delle principali aree di funzionamento come il lavoro, le relazioni interpersonali, o lo cura di sè si trovano notevolmente al di sotto del livello raggiunto prima della malattia.
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C. Durata: segni continuativi del disturbo persistono per almeno 6 mesi. Questo periodo di 6 mesi deve includere almeno 1 mese di sintomi che soddisfino il criterio A, e può includere un periodo di sintomi prodromici o residui. Durante questi periodi prodromici o residui, i segni del disturbo possono essere manifestati soltanto da sintomi negativi e da due o più sintomi elencati nel criterio A presenti in forma attenuata.
D. Esclusione dei disturbi schizoffettivo e dell'umore: il disturbo schizoffettivo e il disturbo dell'umore con manifestazioni psicotiche sono stati esclusi perché:
1. Nessun episodio depressivo maggiore, maniacale o misto si è verificato in concomitanza con i sintomi della fase attiva (i sintomi elencati nel criterio A).
2. Oppure, se si sono verificati episodi di alterazione dell'umore durante la fase di sintomi attivi, la loro durata totale risulta breve rispetto alla durata complessiva dei periodi attivo e residuo.
E. Esclusione di sostanze e di una condizione medica generale: il disturbo non è dovuto ad effetti fisiologici diretti di una sostanza o a una condizione medica generale.
F. Relazione con disturbo pervasivo dello sviluppo: se c'è una storia di disturbo autistico o di altro disturbo pervasivo dello sviluppo, la diagnosi addizionale di schizofrenia si fa soltanto se sono presenti pure deliri o allucinazioni rilevanti per almeno 1 mese.
Storia naturale
Poiché la schizofrenia cronica esordisce in maniera insidiosa, è spesso difficile determinare quando la malattia è cominciata. Molti pazienti (ma non tutti) presentano alterazioni della personalità che precedono i sintomi psicotici come eccessiva timidezza, goffaggine sociale, ritiro dalle relazioni interpersonali e incapacità a formare legami intimi ("personalità schizoide").
Nell'infanzia e nella prima adolescenza, molto prima che i sintomi della schizofrenia siano evidenti, gli schizofrenici hanno più difficoltà negli studi e nei test intellettivi ottenendo punteggi più bassi di quelli dei loro fratelli. Alcuni autori hanno sostenuto che il deficit intellettivo e le difficoltà scolastiche non sono manifestazioni precoci della schizofrenia, ma che piuttosto un basso quoziente intellettivo è un fattore di rischio per lo sviluppo della schizofrenia nelle persone geneticamente predisposte. Altri lavori indicano che il comportamento antisociale e criminale può essere una manifestazione precoce della malattia così come altri disturbi della personalità che includono il ritiro e l' evitamento sociale.
I deliri, le allucinazioni e il comportamento bizzarro iniziano di solito prima dei 20 anni. Dapprima questi sintomi possono essere mal definiti e transitori; gradualmente diventano più evidenti e disturbanti. Raramente la schizofrenia inizia dopo i 40 anni. La malattia generalmente ha un decorso fluttuante caratterizzato da uno o più ricoveri psichiatrici. Alcuni schizofrenici passano la maggior parte della loro vita in ospedali psichiatrici; comunque, anche quando non sono ricoverati, questi pazienti non
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conducono una vita normale: non riescono a formare dei rapporti personali soddisfacenti, si sposano meno stesso dei loro coetanei, hanno uno scarso successo lavorativo e non raggiungono quasi mai posizioni di responsabilità. È probabile che tra coloro che vivono per strada la schizofrenia sia una malattia comune. Negli ultimi anni c'è stato un aumento dell'abuso della dipendenza da droghe e dell'alcolismo tra gli schizofrenici.
Il decorso di questa malattia è cambiato da quando furono introdotti gli antipsicotici e la durata dei ricoveri in ospedale fu abbreviata. Con gli antipsicotici è possibile controllare in un notevole numero di casi le allucinazioni, i deliri e il comportamento bizzarro. Generalmente le forme a buona prognosi cominciano più improvvisamente, senza una storia di precedenti alterazioni della personalità. La differenza più importante tra le forme con prognosi favorevole e sfavorevole riguarda l'esito. Quando si visitano i pazienti per la prima volta può essere tuttavia difficile prevedere quali saranno il decorso e la prognosi. Diversi studi hanno suggerito dei criteri che permettono di differenziare le forme schizofreniche in termini prognostici. Quando la maggior parte di questi criteri è presente, la previsione prognostica è in genere accurata.
Complicazioni
Le complicanze della schizofrenia includono un'istruzione deficitaria, uno scarso successo lavorativo, il celibato e prolungati ricoveri psichiatrici. Si può anche considerare una complicazione l'aumentato rischio di suicidio tra i pazienti giovani.
Poiché la schizofrenia esordisce di solito precocemente, l'istruzione e la scolarità ne risentono negativamente. Se la malattia esordisce dopo che gli studi sono stati completati, si possono avere una marcata riduzione dell'efficienza sul lavoro, retrocessioni di ruolo, licenziamenti, dipendenza finanziaria.
I pazienti schizofrenici maschi hanno meno probabilità di sposarsi forse perché hanno più difficoltà nel corteggiamento. Una paura comune riguardo al pazienti schizofrenici deliranti è che essi siano portati ad agire i loro deliri e a commettere crimini. I dati disponibili indicano però che il rischio dei reati rilevanti è solo di poco aumentato nella schizofrenia; si deve comunque notare che molti pazienti non vengono processati per la loro malattia che li rende non imputabili. Alcuni autori hanno infine riportato che nei pazienti schizofrenici più giovani c'è un aumentato rischio di suicidio.
Studi familiari
Tutti i ricercatori hanno trovato un'aumentata prevalenza della schizofrenia tra i parenti stretti degli schizofrenici. Tutti gli studi gemellari pubblicati fino al 1972 hanno trovato una percentuale significativamente più alta di concordanza per la schizofrenia tra i gemelli monozigoti che tra quelli dizigoti dello stesso sesso. Un altro aspetto da considerare è che un certo numero di gemelli monozigoti discordanti diventano con il tempo concordanti, ciò fa pensare all'influenza di fattori non genetici sull'età di esordio. In uno studio, fatto in Danimarca, circa il 32% dei figli di genitori schizofrenici ricevettero una diagnosi nello "spettro schizofrenico" paragonati a circa il 18% dei controlli. Nessuno, tuttavia, era stato ospedalizzato per schizofrenia. Il termine "spettro
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schizofrenico" definisce un gruppo di malattie che tendono a presentarsi nelle stesse famiglie.
Un altro studio danese affrontò il problema della predisposizione ereditaria alla schizofrenia; furono identificate coppie di gemelli monozigoti in cui un gemello era schizofrenico e l'altro no. Si studiarono i figli di questi gemelli e si trovò che la frequenza della schizofrenia era la stessa nei figli dei gemelli sani e nei figli dei gemelli malati. I risultati di queste ricerche sostengono l'ipotesi di una predisposizione ereditaria almeno per alcune forme di schizofrenia. La scoperta che i disturbi schizofrenici seguono una trasmissione familiare e che sono in parte determinati da fattori genetici ha attirato l'attenzione sulla possibilità di identificare in età precoce quelle persone che, vivendo in famiglie predisposte, sono a maggior rischio di sviluppare in seguito le manifestazioni cliniche. Uno dei primi di questi studi sulle persone ad alto rischio, condotto in Danimarca, ha dimostrato che i figli di madri schizofreniche di età compresa tra i 10 e i 20 anni hanno un rischio di ammalarsi 8 volte maggiore di quello di soggetti di controllo studiati per un periodo di 10 anni. Alcune misure di funzionalità del sistema nervoso vegetativo possono essere utili per identificare precocemente queste persone ad alto rischio.
Diversi studi hanno dimostrato una associazione familiare tra schizofrenia e personalità schizotipica. La personalità schizotipica comprende molte delle caratteristiche di personalità della schizofrenia, ma non comprende i deliri e le allucinazioni.
Diagnosi differenziale
Un importante elemento di differenziazione tra le forme a buona e cattiva prognosi è l'aggiustamento premorboso. Il disturbo ossessivo, nella fase iniziale del decorso, è talvolta difficile da distinguere dalla schizofrenia. Se le ossessioni sono bizzarre o se il paziente non è del tutto consapevole della natura patologica dei suoi pensieri e dei suoi impulsi, può essere impossibile fare una diagnosi sicura. Comunque il rischio di schizofrenia in pazienti con disturbo ossessivo è piccolo dopo il primo o il secondo anno di malattia e quando le ossessioni sono quelle classiche.
L' allucinosi alcolica è una sindrome con allucinazioni gravi, specialmente uditive, senza disturbi dello stato di coscienza, che fa seguito alla sospensione dell'assunzione di alcol. L' allucinosi alcolica di solito scompare in un paio di settimane. Occasionalmente persiste e diventa cronica, somigliando così alla schizofrenia. Sono stati condotti degli studi familiari per stabilire se ci sia o no un aumento di prevalenza di schizofrenia nei parenti stretti, ma i risultati sono contraddittori. L'assunzione massiccia e prolungata di anfetamine può causare un quadro psicopatologico simile alla schizofrenia. Questo stato psicotico scompare quasi sempre entro i 10-14 giorni dalla sospensione della droga. In rari casi di assunzione cronica è incerto stabilire se la malattia primaria sia l'abuso di droga o la schizofrenia. Anche la cocaina, come le anfetamine, può causare un quadro psicopatologico simile alla schizofrenia.
CAP. 3) DISTURBO DI PANICO
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Il disturbo di panico è una malattia cronica caratterizzata da attacchi acuti e ricorrenti di ansia con esordio ben definito e risoluzione spontanea. Durante gli attacchi il paziente è spaventato e presenta sintomi neurovegetativi: palpitazioni, tachicardia, respirazione rapida o superficiale, vertigini e tremori. Nel periodo tra gli attacchi, il paziente può essere asintomatico, anche se talvolta lamenta stanchezza, mal di testa e persistenza di alcuni sintomi degli attacchi di ansia. Il disturbo di panico non è sinonimo di ansia, che è un sintomo e non una sindrome. Si può fare diagnosi di disturbo di panico solo quando questi sintomi avvengono in assenza di altri sintomi psichiatrici significativi. Il disturbo di panico è stato denominato con termini diversi; il termine "disturbo di panico" è stato introdotto nel DSM-III per sostituire il termine "nevrosi d' ansia". I due termini sono considerati sinonimi. Secondo il DSM-III-R il disturbo di panico deve essere suddiviso in due sottotipi: il disturbo di panico con e senza agorafobia.
L'ansia viene spesso distinta dalla paura normale sulla base della mancanza di uno stimolo appropriato che giustifichi la reazione emotiva. Spesso si usa il termine "ansia libera fluttuante" per sottolineare la natura apparentemente immotivata dell'emozione patologica. Alcuni autori distinguono l'ansia di stato da quella di tratto. La prima si riferisce ad una condizione emotiva momentanea: "mi sento in ansia ora". La seconda si riferisce a una condizione emotiva stabile nel tempo: "spesso sono in ansia". In genere le due forme di ansia sono associate ad un evento stressante.
Cenni storici
Uno dei primi termini medici usati per indicare la nevrosi d'ansia fu quello di "nevrastenia" coniato nel 1869 dal medico americano Beard. I pazienti inclusi in questa diagnosi comprendevano casi di nevrosi d'ansia, ma anche di isteria, nevrosi ossessiva e ipocondria. Nel 1871 Da Costa descrisse nei soldati della guerra di secessione una sindrome che egli chiamò "cuori irritabili". Il termine "nevrosi d'ansia" fu adoperato per primo da Freud nel 1895 per indicare quei pazienti che forse da altri medici sarebbero stati chiamati nevrastenici.
Anche se le cause della nevrosi d'ansia rimangono sconosciute, alcuni studi hanno dimostrato che esistono differenze fisiologiche tra i nevrotici ansiosi e gli individui normali. I nevrotici ansiosi, per esempio, rispondono di più a stimoli dolorosi di vario tipo; hanno una scarsa tolleranza all'esercizio fisico e un elevato livello di acido lattico dopo l'esercizio stesso. Secondo una recente teoria il livello anormale dell'acido lattico può essere la causa dei sintomi ansiosi. Inoltre, i pazienti con disturbo di panico, quando dormono, hanno una reattività respiratoria e cardiaca maggiore dei soggetti normali.
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Criteri diagnostici DSM-IV per il disturbo di panico
A. Entrambi 1. e 2.:
1. Attacchi di panico inaspettati ricorrenti (almeno 4 dei seguenti sintomi):
a) palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia.
b) sudorazione.
c) tremori sino a grandi scosse.
d) dispnea o sensazione di soffocamento.
e) sensazione di asfissia.
f) dolore o fastidio al petto.
g) nausea o disturbi addominali.
h) sensazione di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento.
i) derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi).
j) paura di perdere il controllo od impazzire.
k) paura di morire.
l) parastesie (sensazione di torpore o di formicolio).
m)brividi o vampate di calore.
2. Almeno uno degli attacchi è stato seguito da un mese (o più) da uno (o più) dei seguenti sintomi:
a) preoccupazione persistente di avere altri attacchi.
b) preoccupazione a proposito delle implicazioni dell'attacco o delle sue conseguenze.
c) significativa alterazione del comportamento correlata agli attacchi.
B. L' agorafobia può essere pressante oppure no.
C. Gli attacchi di panico non sono dovuti a gli effetti fisiologici diretti di una sostanza o di una condizione medica generale.
D. Gli attacchi di panico non sono meglio giustificati da un altro disturbo mentale, come fobia sociale (per esempio, si manifestano in seguito all'esposizione a situazioni sociali temute), fobia specifica (per esempio, in seguito all'esposizione ad una specifica situazione storica), disturbo ossessivo-compulsivo (per esempio, in seguito all' esposizione allo sporco in qualcuno con ossessioni di contaminazione), disturbo post-traumatico da stress (per esempio, in risposta a stimoli associati con un grave evento stressante), o disturbo d'ansia da separazione (per esempio, in risposta all' essere fuori casa o lontano da congiunti stretti).
Epidemiologia
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La nevrosi d'ansia è una delle malattie psichiatriche più comuni; circa il 5% della popolazione adulta ne è affetta. Tuttavia molti pazienti ne soffrono in forma leggera e probabilmente non si rivolgono mai al medico per i propri disturbi. La nevrosi d'ansia colpisce più le donne che gli uomini, in proporzione doppia. Alcuni studi indicano che il livello di istruzione e lo stato economico dei nevrotici ansiosi non differiscono da quelli della popolazione generale. Non c'è, inoltre, alcuna prova che una qualche specifica esperienza infantile, come il lutto o l'ordine di nascita, predisponga a questa malattia.
Quadro clinico
Caratteristica peculiare di questa malattia sono gli attacchi d'ansia. Tali attacchi normalmente insorgono d'improvviso, qualche volta in un luogo pubblico, talora a casa propria, anche durante il sonno. Si manifesta una sorta di spiacevole presentimento, di paura e di inquietudine, una sensazione di essere improvvisamente ammalati in modo grave. In alcuni pazienti vi è la sgradevole sensazione che il proprio corpo sia cambiato o si sia deformato (depersonalizzazione). Una tale sensazione di estraneità può estendersi al mondo circostante (derealizzazione). L'inquietudine e il presentimento sono di solito accompagnati da sintomi disponoici, un senso di soffocamento, palpitazioni, annebbiamento della vista, tremori e debolezza. La frequenza degli attacchi varia da persona a persona. Alcuni sono colpiti giornalmente, altri solamente una volta o due durante l'anno. I sintomi cardiorespiratori sono i disturbi che nevrotici ansiosi riferiscono ai medici più frequentemente. Anche le fobie sono comuni nei nevrotici ansiosi.
Storia naturale
Il disturbo di panico esordisce presto, nella maggior parte dei casi tra i 18 e i 35 anni. Alcuni pazienti possono riguardare l'epoca esatta e le circostanze del loro primo attacco. Anche se i sintomi più comuni sono quelli cardiorespiratori, non è sempre così: alcuni pazienti presentano sintomi di "colon irritabile".
La nevrosi d'ansia può qualche volta essere grave ma nella maggior parte dei casi ha un decorso benigno. I sintomi oscillano in maniera irregolare, ora più gravi ora più lievi. Nonostante i sintomi, molti nevrotici ansiosi continuano la loro attività senza un deterioramento dei rapporti sociali. Ci sono prove che i pazienti di livello sociale più basso hanno sintomi più gravi e maggiori conseguenze in termini di funzionamento sociale. Una possibile spiegazione è perché le persone di livello sociale più basso hanno meno probabilità di consultare un medico che spieghi loro la natura della malattia e li rassicuri.
Dopo 5-20 anni dall'esordio, circa il 50-60% dei pazienti guarisce o migliora nettamente.
Complicazioni
La complicazione più frequente della nevrosi d'ansia dalla depressione. Essa complica la nevrosi d'ansia ma è in genere molto lieve. Anche l'abuso di farmaci può complicare la
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nevrosi d'ansia, talvolta a causa delle prescrizioni troppo zelanti di medici ben intenzionati.
Studi familiari
Il disturbo di panico è una malattia familiare, nelle famiglie dei depressi e più frequente la depressione così come gli attacchi di panico sono più frequenti nelle famiglie dei pazienti con disturbo di panico. Diversi studi, inoltre, indicano un'aumentata frequenza di alcolismo nei padri dei nevrotici ansiosi. Comunque non è chiaro se venga prima l'ansia oppure l'alcolismo. Gli alcolisti spesso vanno incontro ad attacchi d'ansia, specialmente quando sono in astinenza. Poiché entrambe le condizioni esordiscono nell'adolescenza o nei primi anni dell'età adulta, non è possibile dire chi cominci per primo.
Diagnosi differenziale
Sintomi d'ansia e attacchi d'ansia possono far parte di qualsiasi malattia psichiatrica. I sintomi d'ansia si presentano di frequente nel disturbo affettivo primario, nel disturbo ossessivo, nel disturbo fobico, nell'isteria e nell'alcolismo. In parte la diagnosi si basa sulla cronologia. Si fa diagnosi di nevrosi ansiosa solo se non ci sono altri tipi di sintomi o se l'ansia è precedente agli altri sintomi. Le malattie organiche che producono sintomi che assomigliano a quelli della nevrosi d'ansia sono le aritmie cardiache, l' angina pectoris, l' ipertiroidismo, le malattie delle paratiroidi e il prolasso della mitrale. La diagnosi di nevrosi d'ansia richiede l'esclusione di malattie fisiche con sintomi simili. I medici che non hanno familiarità con i sintomi delle nevrosi d'ansia possono erroneamente diagnosticare una malattia fisica. L'errore commesso più di frequente nella valutazione dei sintomi d'ansia è quello di non rilevare un disturbo affettivo primario. Se i sintomi d'ansia si manifestano per la prima volta dopo i 40 anni, essi in genere riflettono una sindrome depressiva e non una nevrosi d'ansia.
La nevrosi ossessiva e la nevrosi fobica possono essere scambiate per una nevrosi ansiosa. In effetti, la nevrosi fobica è così simile che la distinzione dipende solo dal fatto che le fobie dominano o no il quadro clinico.
La nevrosi d'ansia deve essere distinta anche dal disturbo post-traumatico da stress.
Gli attacchi d'ansia sono spesso accompagnati da iperventilazione che può aggravare la sintomatologia. Sembra ci sia un gruppo di pazienti che soffre di sindrome da iperventilazione (SIV) ma che non presenta i sintomi della nevrosi d'ansia. Non si sa se la SIV rappresenti una sindrome separata o sia conseguenza di altre malattie psichiatriche o mediche.
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Infine la diagnosi differenziale della nevrosi d'ansia deve prendere in considerazione la sindrome del ristorante cinese che sembra essere causata da una sostanza, il glutammato di sodio, presente nei cibi cinesi. Questa sindrome consiste in sintomi che simulano un attacco di panico: palpitazioni, parastesie, debolezza, stordimento.
Solo il medico può decidere quante analisi e visite è giusto fare per provare a spiegare dei sintomi che possono essere dovuti ad una nevrosi d'ansia.
CAP. 4) DISTURBO DI SOMATIZZAZIONE (Isteria)
Per molti secoli la diagnosi di isteria è stata applicata a tutti i casi di sintomi fisici inspiegabili. Diversi ricercatori condussero una serie di studi e proposero che tale diagnosi fosse sostituita con due differenti termini: la "sindrome di Briquet" (in onore dello psichiatra francese che descrisse un vasto numero di casi) e "sintomi di conversione". Il DSM-III introdusse la categoria dei disturbi somatoformi per sostituire il concetto generale di isteria e la categoria del disturbo di somatizzazione per sostituire la sindrome di Briquet. La classificazione dei sintomi di conversione non fu chiarita del tutto. Il gruppo di ricerca della Washington University ha infatti continuato a sottolineare l'importanza di distinguere la sindrome di Briquet dai sintomi di conversione. Questi autori sostengono che la sindrome di Briquet è un disturbo polisintomatico che esordisce precocemente (in genere entro i venti anni, raramente dopo), colpisce prevalentemente le donne ed è caratterizzato da sintomi fisici multipli e ricorrenti spesso descritti in modo drammatico dalla paziente. Disturbi caratteristici sono i dolori di varia natura, i sintomi ansiosi, i sintomi gastrointestinali, i sintomi urinari, le difficoltà mestruali, il nervosismo e i disturbi dell'umore. Inoltre si sommano un gran numero di medicine spesso assunte contemporaneamente e prescritte da diversi medici, i frequenti ricoveri ed interventi chirurgici. Il disturbo di somatizzazione continua ad essere il termine usato nel DSM-IV per indicare la sindrome di Briquet.
Il gruppo della Washington University propose che il termine "sintomo di conversione" fosse riservato a quei sintomi inspiegabili che possono far pensare a malattie neurologiche come l'amnesia, gli svenimenti, le paralisi, le assenze, l' afonia, la
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ritenzione urinaria, l' atassia, le anestesie e la cecità, cioè i cosiddetti sintomi "pseudo-neurologici" o anche i "grandi sintomi isterici".
La parola "inspiegabile" significa che l' anamnesi, l'esame neurologico e i test diagnostici non hanno dato una spiegazione soddisfacente di tali sintomi.
Riassumendo, i sintomi di conversione comprendono un gruppo limitato di sintomi che fanno pensare a malattie neurologiche. Il disturbo di somatizzazione o la sindrome di Briquet indicano una sindrome polisintomatica che di solito include dei sintomi di conversione.
Criteri diagnostici DSM-IV per il disturbo di somatizzazione
A. Una storia di molteplici lamentele fisiche, cominciata prima dei 30 anni, che si manifestano lungo un periodo di numerosi anni, e che conducono alla ricerca di trattamento o portano a significative menomazioni nel funzionamento sociale, lavorativo, o in altre aree importanti.
B. Tutti i criteri seguenti debbono essere riscontrabili, nel senso che i singoli sintomi debbono comparire in qualche momento nel corso del disturbo:
1. Quattro sintomi dolorosi: una storia di dolore riferita ad almeno quattro localizzazioni o funzioni (per esempio, testa, addome, schiena, articolazioni, arti, torace, dolori mestruali);
2. Due sintomi gastro-intestinali: una storia di almeno due sintomi gastro-intestinali in aggiunta al dolore (per esempio, nausea, vomito al di fuori della gravidanza, diarrea);
3. Un sintomo sessuale: una storia di almeno un sintomo sessuale o riproduttivo in aggiunta al dolore (per esempio, indifferenza sessuale, ciclo mestruale irregolare, vomito durante la gravidanza);
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4. Un sintomo pseudo-neurologico: una storia di almeno un sintomo o deficit che fa pensare ad una condizione neurologica non limitata al dolore (sintomi di conversione, come alterazione della coordinazione o dell'equilibrio, paralisi, difficoltà a deglutire, mancamenti, allucinazioni, cecità, sordità, convulsioni, amnesia, perdita della sensibilità tattile o dolorifica).
C. L'uno o l'altro di 1. e 2.
1. Dopo le appropriate indagini, ciascuno dei sintomi del criterio B non può essere esaurientemente spiegato con una condizione medica generale conosciuta o con gli effetti diretti di una sostanza;
2. Quando vi è una condizione medica generale collegata, le lamentele fisiche o la menomazione sociale e lavorativa che ne deriva risultano sproporzionate rispetto a quanto ci si dovrebbe aspettare dalla storia, dall'esame fisico e dai reperti di laboratorio.
D. I sintomi non sono prodotti intenzionalmente o simulati (come del disturbo fittizio o nella simulazione).
Cenni storici
Il concetto di isteria risale al almeno 4000 anni fa è probabilmente ha origini in Egitto. Gli egiziani credevano che la causa dei vari sintomi fosse lo spostamento dell'utero, così i medici curavano la paziente cercando di riattirare l'utero nella sua sede anatomica naturale, applicando sostanze profumate. Nel medioevo l’ isteria fu messa in relazione alla stregoneria e alla negromanzia. I pazienti isterici furono considerati talvolta come spiriti maligni (streghe, demoni o fattucchiere).
L'isteria diventò l'interesse principale di Freud durante i primi anni di psicoanalisi. Tale interesse si sviluppò in lui quando egli lavorava a Parigi con Charcot, che curava l'isteria con l'ipnosi. Molti psicoanalisti consideravano l'isteria una simulazione di malattia il cui scopo era la risoluzione dei conflitti inconsci, simulazione che mirava inoltre ad attrarre l'attenzione e a guadagnare i cosiddetti "vantaggi secondari", termine che si riferiva ai
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possibili vantaggi della malattia come la comprensione, l'aiuto da parte di parenti e amici e l'esonero da vari compiti e doveri. Questa concettualizzazione portò rapidamente alla convinzione che l'isteria è un termine dispregiativo da applicare ogni qualvolta i sintomi del paziente non si possono spiegare e quando le sue richieste appaiono eccessive.
Fondamentale è anche il concetto di personalità isterica caratterizzato da un comportamento immaturo, istrionico, manipolativo, seduttivo, di ricerca di attenzione, indipendentemente dalla presenza di sintomi attuali di malattia. Molti clinici sono dell'opinione che i sintomi di conversione, l'isteria e la personalità isterica siano fenomeni distinti; tutti e tre possono essere presenti nello stesso individuo ma è possibile qualsiasi combinazione, e alcuni pazienti possono presentarne uno in assenza degli altri due.
Epidemiologia
Tutti gli autori sostengono che la grande maggioranza dei casi di isteria riguarda le donne. Generalmente si pensa che l'isteria e i sintomi di conversione siano più comuni tra le persone meno sofisticate e più primitive. Diversi autori hanno riportato che la "nevrosi isterica del tipo conversione" è molto più frequente tra i gruppi etnici diversi da quello bianco e nelle classi con più basso livello socioeconomico.
Secondo lo psichiatra inglese Carothers la psicopatia e l'isteria potrebbero riflettere la persistenza nelle società moderne di modalità di pensiero magico tipiche delle società pre-letterate. Sulla base della teoria Carothers ha concluso che la sociopatia dovrebbe essere più frequente nei maschi e l'isteria nelle femmine. Il disturbo di somatizzazione è molto meno comune dei sintomi di conversione.
Quadro clinico
Il caso tipico di disturbo di somatizzazione che giunge per la prima volta all'osservazione dello psichiatra è una donna sposata sui 30 anni. La sua storia è spesso descritta in modo complicato e drammatico. Di solito la paziente si lamenta di sintomi numerosi e vaghi ed è difficile se non impossibile ottenere un resoconto preciso della malattia. Frequentemente il medico fa fatica a stabilire quando la malattia è iniziata; i pazienti non solo riferiscono un gran numero di sintomi, ma soprattutto li localizzano in tutti, o quasi, i distretti somatici. È proprio questa grande varietà di sintomi che permette di diagnosticare l'isteria. Tra i sintomi ricorrenti o cronici caratteristici dell'isteria abbiamo i dolori, che occupano un posto importante: cefalea, dolori al torace, dolori di schiena, dolori addominali ed articolari. Nell'isteria i ripetuti ricoveri e gli interventi chirurgici sono caratteristici, sono frequenti anche i sintomi come nervosismo e ansia (palpitazioni, dispnea, dolori al petto, giramenti di testa, stanchezza, tremori). I sintomi mestruali, l'indifferenza sessuale e la frigidità sono così caratteristici che la diagnosi di disturbo di somatizzazione dovrebbe essere posta con cautela se tali sintomi mancano.
Studi recenti hanno confermato che il disturbo di somatizzazione è un disturbo tanto "psicoforme", quanto "somatoforme". I pazienti hanno la tendenza a riferire una gamma di sintomi psicologici ed emotivi altrettanto ampia di quella dei sintomi fisici.
La personalità multipla e il disturbo borderline di personalità si osservano frequentemente in pazienti affetti da disturbo di somatizzazione. Un altro segno
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caratteristico di questo disturbo è la tendenza di molti pazienti a raccontare storie incongrue.
Storia naturale
Non è facile stabilire quando la malattia inizia. L'anamnesi, spesso vaga e contraddittoria, rende difficile determinare l'esatta cronologia dei sintomi. La paziente può insistere di essere sempre stata "malata" e può descrivere problemi dell'infanzia che sono difficili da valutare. I sintomi possono variare in gravità, ma si ritroveranno sempre dolori ricorrenti, sintomi di conversione, nervosismo, depressione, problemi sessuali e matrimoniali, ricoveri ripetuti e interventi chirurgici. Una durata di malattia di 20 o 30 anni è tipica e non sono nemmeno rari i pazienti con più di 40 anni di malattia.
Complicazioni
Le complicazioni più frequenti e più importanti del disturbo di somatizzazione sono le ripetute operazioni chirurgiche, l'abuso di farmaci, la separazione o il divorzio e i tentativi di suicidio. Le prime due possono essere evitate se il medico impara a diagnosticare la malattia e a seguire adeguatamente il paziente. Non è sicuro se il medico possa diminuire i conflitti coniugali con la psicoterapia, ma è certo che egli deve porre attenzione a questi problemi conoscendo quanto siano frequenti le separazioni e i divorzi. Lo stesso si può dire per i tentativi di suicidio, anche se nell'isteria il rischio di suicidio attuato è basso.
Studi familiari
Il disturbo di somatizzazione ha una trasmissione familiare; gli studi familiari indicano anche che esiste una significativa associazione tra il disturbo di somatizzazione e la personalità antisociale. È possibile che la ricerca futura potrà dimostrare una aggregazione familiare tra il disturbo borderline di personalità, la personalità multipla, il disturbo antisociale di personalità e il disturbo di somatizzazione.
Diagnosi differenziale
Nella diagnosi differenziale dell'isteria si devono prendere in considerazione tre quadri psichiatrici: il disturbo di panico, la depressione maggiore e la schizofrenia.
I sintomi caratteristici del disturbo di somatizzazione includono molti disturbi che sono propri anche del disturbo di panico e della depressione. L'età di esordio, il decorso e lo stato psichico sono di aiuto per chiarire la diagnosi. Molti pazienti schizofrenici rientrano anche nei criteri diagnostici del disturbo di somatizzazione. Può anche accadere occasionalmente che un paziente con apparente isteria che non presenta un evidente quadro schizofrenico quando visitato per la prima volta, possa, nel tempo, sviluppare una tipica sindrome schizofrenica.
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CAP. 5) DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Le ossessioni sono pensieri angosciosi e persistenti o impulsi avvertiti come non desiderati e privi di significato.
Le compulsioni sono gli atti derivati dalle ossessioni.
Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è una malattia cronica dominata da ossessioni e compulsioni in assenza di altri disturbi psichiatrici. Tale disturbo era definito nevrosi ossessiva fino alla pubblicazione della DSM-III, avvenuta nel 1980.
Cenni storici
Il termine "nevrosi ossessiva" ha origine con Westphal, un neurologo tedesco che studiò le condizioni ossessive e le fobie. Kraepelin descrisse la nevrosi ossessiva nei suoi trattati agli inizi del XX secolo, lo stesso termine fu poi adottato da Freud che pubblicò la descrizione del quadro clinico nel 1917 nel seguente modo: " la nevrosi ossessiva prende questa forma: la mente del paziente è occupata da pensieri che in realtà non lo interessano, egli avverte gli impulsi che gli sembrano estranei, ed è costretto a compiere azioni da cui non solo non rileva alcun piacere, ma di fronte alle quali è del tutto impotente".
Il contenuto delle ossessioni è spesso di natura religiosa. John Moore ha descritto i "pensieri indecenti e talvolta blasfemi che insorgono nella mente durante le pratiche religiose a dispetto di tutti i tentativi di reprimerli e soffocarli". Più li si combatte e più essi aumentano.
Epidemiologia
Il disturbo ossessivo-compulsivo era considerato raro in passato. Tale disturbo è più frequente nelle donne che negli uomini. In confronto a tutti gli altri pazienti psichiatrici, i soggetti ossessivi presentano le seguenti caratteristiche:
a) Appartengono a classi sociali elevate.
b) Raggiungono punteggi più alti nei test intellettivi.
c) Hanno un alto livello di istruzione.
Quadro clinico
Quando i soggetti ossessivi ricorrono all'aiuto del medico (spesso dopo anni dall'insorgere della malattia), ciò accade in genere a causa di fenomeni di depressione, ansia acuta, incapacità sociale derivante da una di queste condizioni:
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Criteri diagnostici DSM-IV per il disturbo ossessivo-compulsivo
A. Ossessioni o compulsioni:
1. Definizione delle ossessioni:
a. Pensieri, impulsi e immagini ricorrenti e persistenti avvertiti, in alcuni casi al momento del disturbo, come intensivi e inappropriati e fonte di grande ansia e pena.
b. I pensieri, gli impulsi e le immagini non sono semplicemente preoccupazioni eccessive sui problemi della vita reale.
c. La persona tenta di ignorare o sopprimere tali pensieri, impulsi e immagini, o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni.
d. La persona riconosce che i pensieri, gli impulsi e le immagini di tipo ossessivo sono un prodotto della propria mente.
2. Definizione delle compulsioni:
a. I comportamenti ripetitivi (per esempio: lavarsi le mani, mettere in ordine, controllare) o gli atti mentali (per esempio: pregare, contare, ripetere parole in silenzio) che la persona sente di dover compiere come risposta a una ossessione secondo regole da applicare rigidamente.
b. I comportamenti o gli atti mentali mirano a prevenire o ridurre il malessere o a impedire alcuni eventi o situazioni terribili; comunque, questi comportamenti e atti mentali non sono collegati in modo realistico con ciò che intendono neutralizzare o prevenire e sono chiaramente eccessivi.
B. Ad un certo punto durante il disturbo la persona riconosce che le ossessioni o le compulsioni sono eccessive o irragionevoli.
C. Le ossessioni o compulsioni generano una forte ansia, durano nel tempo (più di un'ora al giorno), o interferiscono significativamente con la normale routine, con la vita lavorativa o con le relazioni e attività sociali abituali.
D. Se è presente un altro disturbo psichiatrico, il contenuto delle ossessioni o compulsioni non si limita a questo (per esempio preoccuparsi del cibo in presenza di un disturbo alimentare, strapparsi i capelli in presenza di tricotillomania).
E. Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o a una condizione medica generale.
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L'insorgere dei sintomi sembra di frequente associato a un evento stressante come la morte di un parente, dei conflitti sessuali, eccessi lavorativi o una gravidanza.
Un disturbo frequente è la paura ossessiva di fare del male a se stessi o a un'altra persona. Timorosi di perdere il controllo, i pazienti possono sviluppare reazioni di evitamento o rituali che conducono all' incapacità sociale. Quando riflettono sulla propria condizione, i pazienti possono giungere a identificare l'idea ossessiva come illogica. Ciò che distingue un'ossessione dal delirio non è tanto l'insight (il riconoscimento dell'assurdità dell'idea) quanto lo sforzo disperato della persona contro l'esperienza ossessiva in se stessa. Il soggetto lotta per liberarsi dall'ossessione senza riuscirci, la sua inquietudine cresce sempre di più fino a quando l'idea non ha termine o l'atto ossessivo non è stato completato.
La malattia può assumere diverse forme:
􀂾 Idee ossessive: pensieri che si insinuano ripetutamente nella coscienza e interferiscono con il corso normale dei pensieri generando ansia nella persona. Spesso i pensieri sono osceni, blasfemi, o senza senso.
􀂾 Immagini ossessive: scene molto vivide, spesso di natura violenta, sessuale o ripugnante che giungono ripetutamente alla mente.
􀂾 Convinzioni ossessive: idee bastate spesso sulla formula magica che il pensiero equivale all' azione; le credenze ossessive sono caratterizzate da ambivalenza: la persona crede e nello stesso tempo non crede.
􀂾 Ruminazioni ossessive: pensieri persistenti e senza fine su un soggetto fino all'esclusione di altri interessi. Il soggetto è spesso di natura religiosa o metaforica. L' indecisione in questioni quotidiane è molto comune, il paziente controlla e ricontrolla, smettendo solo quando è esausto o controllando un numero predeterminato di volte, numero che assume un valore "magico".
􀂾 Impulsi ossessivi: si riferiscono all' autolesionismo (lanciarsi da una finestra), lesioni a terzi (soffocare uno neonato); comportamento imbarazzante (gravi oscenità in chiesa).
􀂾 Paure ossessive: paure della sporcizia, delle malattie, di contaminazioni, di armi potenziali (rasoi, forbici), di trovarsi in particolari situazioni o di compiere determinate azioni.
􀂾 Rituali ossessivi (compulsioni): atti ripetitivi, stereotipati, consistenti del contare, toccare, sistemare gli oggetti, muoversi, lavarsi, assaggiare, guardare in un modo particolare. Le compulsioni sono inseparabili dalle ossessioni che le provocano. Una compulsione è un'ossessione che si tramuta in azione. I più comuni sono i rituali del contare: la persona si sente spinta a contare di tutto, dalle lettere e parole alle mattonelle del pavimento. Frequenti sono anche i rituali di eccessiva pulizia (lavarsi continuamente le mani); le donne manifestano una più alta incidenza della fobia di contaminazione e della pulizia compulsiva rispetto agli uomini.
Secondo uno studio su soggetti colpiti da disturbi ossessivi, i tipi di rituale più frequenti sono quattro: contare, controllare, pulire e i rituali di evitamento. Altri rituali sono meno frequenti e consistono nel compiere azioni con estrema lentezza, nel compiere ogni sforzo per completare qualcosa, e in una meticolosità estrema. I rituali sono accompagnati da una profonda paura e da una forte apprensione che si placano solo dopo l'esecuzione.
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Storia naturale
La maggior parte dei soggetti con disturbi osessivi sviluppa la loro malattia prima dei 25 anni. Molti soggetti presentano sintomi anche molto presto, già all'età di 15 anni e la malattia può avere addirittura inizio verso i 6 anni. In genere, il primo contatto con uno psichiatra avviene circa 7 anni dopo l'iniziare dei sintomi. La modalità di esordio può essere acuta o insidiosa. Il decorso del disturbo ossessivo può essere continuo, episodico o caratterizzato da una guarigione incompleta che consente una normale attività sociale.
Complicazioni
La depressione è la complicazione più comune del disturbo ossessivo e spesso non è distinguibile sintomaticamente dalla depressione maggiore. Il celibato può essere una complicazione del disturbo ossessivo a giudicare da tre studi che hanno evidenziato una percentuale di persone non sposate più elevata fra i soggetti con disturbo ossessivo rispetto alla popolazione in generale.
I pazienti colpiti dal disturbo ossessivo hanno spesso il timore di ferire qualcuno a causa di atti impulsivi, inoltre si preoccupano della dipendenza dai farmaci che gli vengono prescritti. Infine i soggetti possessivi hanno il timore di "perdere" le loro capacità intellettive, di diventare completamente disabili e di aver bisogno di un ricovero a tempo indeterminato in una struttura ospedaliera. Raramente diventano totalmente disabili e di solito non necessitano di ricoveri a lungo termine.
Storia familiare
La malattia ossessiva può comparire con maggior frequenza nelle famiglie con soggetti con disturbi ossessivi che nelle altre famiglie, ma ciò avviene anche con altre malattie psichiatriche. Un'analisi di 11 ricerche condotte su parenti di persone con disturbo ossessivo-compulsivo ha evidenziato come i membri della famiglia presentino elevati tassi di disturbi d'ansia in generale, ma non di disturbo ossessivo-compulsivo in particolare.
Diagnosi differenziale
Molti adulti ossessivi presentano una storia di sintomi ossessivi già nell'infanzia. I soggetti ossessivi citano frequentemente le loro fobie e i loro rituali come sintomi presenti già nell'infanzia. L'individuo con una personalità ossessiva è puntuale, ordinato, scrupoloso, meticoloso e responsabile. È anche rigido, testardo, caparbio, pedante e anche un po' noioso. Ha forti problemi a prendere una decisione, ma una volta presa è determinato e ostinato. Molti individui con disturbi ossessivi hanno una personalità ossessiva prima della malattia. Le fobie sono comunemente associate con i disturbi ossessivi e gli ossessivi presentano spesso sintomi di ansia. Le fobie ossessive hanno una qualità compulsiva e sono quasi sempre accompagnate da rituali e da altri fenomeni di natura ossessiva.
Le ossessioni e la depressione si presentano insieme così spesso da rendere difficile o di distinzione del sintomo dalla malattia. Gli ossessivi, infatti, possono sviluppare una depressione grave, durante tale depressione i sintomi ossessivi possono rimanere immutati, peggiorare o scomparire. Allo stesso modo, dopo la depressione, le ossessioni possono peggiorare, migliorare o rimanere immutate. Gli episodi di
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depressione sono accompagnati da ossessioni. Queste sono di solito ruminative, caratterizzate da senso di colpa, e autodisapprovazione. Il disturbo ossessivo, in alcuni casi, può essere un disturbo ciclico come il disturbo bipolare, con miglioramenti e peggioramenti che si alternano senza nessuna relazione apparente con gli eventi di vita. Mentre la storia del paziente suggerisce un disturbo affettivo, i sintomi indicano un disturbo ossessivo. Rispetto a pazienti depressi e bipolari che presentano sintomi ossessivi, i pazienti che sviluppano una depressione lo fanno a un'età più precoce, hanno più episodi depressivi nella loro vita, evidenziano sintomi ossessivi episodicamente durante ogni depressione, hanno un minor tasso di tentativi di suicidio e non presentano storie di mania. Il disturbo ossessivo spesso viene confuso con la schizofrenia, soprattutto nei primi stadi della malattia. L'errore può originare dalla difficoltà di distinguere le ossessioni dal delirio e dall'assimilare gli atteggiamenti bizzarri o l'incapacità sociale alla schizofrenia. L'esordio precoce e un decorso insidioso sono comuni a tutte e due le malattie. La schizofrenia è caratterizzata da deliri, allucinazioni e disturbo formale del pensiero (per forma si intende il fluire e le connessioni dei pensieri). Il disturbo ossessivo è in primo luogo un disturbo del contenuto del pensiero, i discorsi degli ossessivi sono comprensibili, sono le loro idee ad essere bizzarre. Il fatto che gli ossessivi riconoscano di essere strani è una delle principali differenze fra la nevrosi ossessiva e la schizofrenia. Le ossessioni sono presenti nella schizofrenia nel 3% dei casi, di solito all'inizio della malattia e quasi sempre nel tipo paranoide. Quando le ossessioni e i sintomi psicotici si presentano insieme, di solito la diagnosi giusta è quella di schizofrenia.


CAP. 6) DISTURBI FOBICI
La fobia è una paura intensa, ricorrente e irragionevole di uno specifico oggetto o di una specifica attività o situazione che causa un irrefrenabile desiderio di evitare l' oggetto temuto o l'attività o la situazione temuta. Il DSM-III suddivide le fobie in fobia sociale (per esempio, la paura di parlare in pubblico), fobie specifiche (per esempio, fobie degli animali) e agorafobia. Quest'ultima è caratterizzata da molteplici fobie che implicano la paura di trovarsi in luoghi dove è difficile essere aiutati che si è colpiti da un attacco di panico.
Cenni storici
Il termine fobia entrò nella terminologia medica della Roma di 2000 anni fa quando si utilizzò il termine "idrofobia" per descrivere un sintomo della rabbia.
Robert Burton distinse le "paure morbose" da quelle "normali": la paura del palcoscenico di Demostene era normale, mentre la paura di Cesare di sedere al buio era morbosa. Burton pensava che le paure morbose avessero poco a che fare con la volontà. Nel corso del XIX secolo, il termine fobia venne utilizzato sempre di più nella
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descrizione delle paure morbose. Nel 1871, Westphal descrisse tre casi di uomini che avevano paura dei luoghi pubblici e definì la loro condizione con il nome di "agorafobia". In seguito cominciarono ad essere compilate lunghe liste di fobie, ciascuna denominata con un termine greco o latino derivato dall'oggetto o dalla situazione temuta. Quindi, il paziente tormentato dalla tafafobia (la paura di essere seppellito vivo) o dalla ailurofobia (la paura dei gatti) poteva comunque cadere vittima della belonofobia (paura degli aghi), della siderodromofobia (paura dei binari), o della triscaidecafobia (la paura di essere in 13 a tavola) mentre la pantofobia è il paziente che è vittima di tutte queste paure.
Alla fine del XIX secolo ci furono continue controversie sulla relazione tra le fobie e le altre malattie psichiatriche; certi tipi particolari di fobie sono sintomi di un disturbo fobico primario.
Epidemiologia
In genere si dice che le fobie siano condizioni croniche, in realtà alcuni dati indicano che queste patologie sono transitorie. Alcuni studi, inoltre, segnalano un'associazione tra alcolismo e fobia sociale o agorafobia, infatti da uno studio è emerso che un terzo degli alcolisti soffriva di fobie gravi e un altro terzo di fobie lievi. Nei dati epidemiologici sulle fobie ci sono delle discrepanze e questo soprattutto per due ragioni:
a) alcuni medici considerano patologiche paure che altri considerano normali.
b) le persone tendono a nascondere le loro fobie poiché il rivelarle crea loro imbarazzo.
Criteri diagnostici DSM-IV per la fobia specifica
A. Paura marcata e persistente, eccessiva o irragionevole, provocata dalla presenza o dall'attesa di un oggetto o situazione specifici (per esempio, volare, altezza, animali, ricevere un' iniezione, vedere il sangue).
B. L'esposizione allo stimolo fobico quasi invariabilmente provoca una risposta ansiosa immediata, che può prendere la forma di attacco di panico situazionale o sensibile alla situazione.
C. La persona riconosce che la paura è eccessiva o irragionevole.
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D. La situazione fobica viene evitata oppure sopportata con intensa ansia o disagio.
E. L' evitamento, l'ansia anticipatoria o il disagio nella situazione temuta interferiscono in modo significativo con la normale routine della persona, o con il funzionamento lavorativo, o con le attività o le relazioni sociali, oppure è presente un disagio marcato per il fatto di avere la fobia.
F. Negli individui al di sotto dei 18 anni la durata è di almeno sei mesi.
G. L'ansia, gli attacchi di panico o l' evitamento fobico associati con l'oggetto o situazione specifici non sono meglio giustificati da un altro disturbo mentale, come il disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo post-traumatico da stress, disturbo d'ansia da separazione, fobia sociale.
Specificare il tipo:
􀂾 Tipo animali
􀂾 Tipo ambiente naturale (per esempio altezze, temporali, acqua)
􀂾 Tipo sangue-infezioni-ferite
􀂾 Tipo situazionale (per esempio aeroplani, ascensori, luoghi chiusi)
􀂾 Altro tipo (per esempio evitamento fobico di situazioni che possono portare a soffocare, vomitare)
Criteri diagnostici DSM-IV per la fobia sociale
A. Paura marcata e persistente di una o più situazioni sociali o prestazionali nelle quali la persona è esposta a persone non familiari o al possibile giudizio degli altri. L'individuo teme di agire (o di mostrare i sintomi di ansia) in modo umiliante o imbarazzante.
B. L'esposizione alla situazione temuta quasi invariabilmente provoca l'ansia, che può assumere le caratteristiche di una attacco di panico causato dalla situazione o sensibile alla situazione.
C. La persona riconosce che la paura è eccessiva o irragionevole.
D. Le situazioni temute sociali o prestazionali sono evitate o sopportate con intensa ansia o disagio.
E. Negli individui al di sotto dei 18 anni la durata è di almeno sei mesi.
F. L' evitamento, l'ansia anticipatoria, o il disagio della situazione sociale o prestazionale interferiscono significativamente con le abitudini normali della persona, con il funzionamento lavorativo o con le attività o relazioni sociali.
G. La paura o l' evitamento non sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o di una condizione medica generale, e non è meglio giustificato da un altro disturbo mentale.
H. Se sono presenti una condizione medica generale o un altro disturbo mentale, la paura di cui al criterio A non è ad essi correlabile, per esempio la paura non riguarda le balbuzie, il tremore nella malattia di Parkinson o il mostrare un comportamento alimentare abnorme nell'anoressia nervosa o nella bulimia nervosa.
(Specificare se) Generalizzata: se le paure includono la maggior parte delle situazioni sociali.
La fobia specifica è una paura isolata di un solo oggetto o di una sola situazione che causa l' evitamento dell'oggetto fobico. La paura è irrazionale ed eccessiva, ma non sempre invalidante perché talvolta è facile evitare l'oggetto fobico. La limitazione
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funzionale è invece grave se l' oggetto fobico è comune e non può essere evitato (ad esempio l'ascensore per chi lavora negli edifici con molti piani). Il paziente fobico tene anche la possibilità di incontrare lo stimolo fobico. Questa reazione psicologica, chiamata "ansia anticipatoria" porta ad evitare le situazioni in cui lo stimolo potrebbe essere presente.
Le fobie specifiche più comuni sono la paura degli animali, delle altezze, degli spazi chiusi, del vento, dei temporali, dei lampi, dei rumori forti, di guidare l'auto, di volare, di prendere la metro, degli aghi da iniezione e del sangue.
Le fobie degli animali sono le più comuni e le più studiate. Si manifestano spesso nell'infanzia e sono di solito transitorie. Tra gli adulti, le donne ne soffrono molto più spesso gli uomini.
La paura delle altezze è un'altra fobia comune, essa ha può essere del tutto irragionevole. Alcune persone che soffrono di questa fobia non riescono a guardare fuori dalla finestra al secondo piano o ad attraversare a piedi un ponte. Tale paura è in realtà la paura di cadere che, a sua volta, è in realtà la paura di perdere l'appoggio, più esattamente la paura di perdere un sostegno visivo.
La fobia sociale è un'altra forma di fobia isolata che generalmente causa soltanto livelli modesti di disfunzionalità. Consiste nella paura di mangiare in pubblico, di parlare in pubblico, di tutti quei comportamenti che possono essere imbarazzanti ma che in genere non spingono ad evitare del tutto la situazione. Altre fobie sociali consistono nella paura di suonare in pubblico per timore di commettere errori, nella paura di fare il bagno o di mettersi in costume in pubblico per vergogna del proprio aspetto e così via.
Diversamente dalle fobie specifiche e sociali, l' agorafobia consiste in un complesso di sintomi forbice tra cui:
􀂾 Mezzi di trasporto: treni, autobus, metropolitana, aereo (soprattutto quando affollati).
􀂾 Luoghi chiusi: tunnel, ponti, ascensori, la sedia del barbiere o del dentista. Queste paure sono claustrofobie, ma la maggior parte delle persone con claustrofobia vera e propria a una sola fobia e non sono agorafobici. Paradossalmente essi possono avere paura anche di grandi spazi aperti come un parcheggio vuoto.
􀂾 Rimanere soli a casa: alcuni agorafobici hanno bisogno di essere sempre in compagnia.
􀂾 Essere lontani da casa: (o da un altro posto "sicuro") la paura consiste nell'impossibilità di essere aiutati in caso di bisogno.
Negli ultimi anni, soprattutto in seguito alle osservazioni del gruppo di Klein, ci si è resi conto che molti agorafobici hanno una storia di attacchi di panico che presiede le fobie. Ne è derivata alla nozione che l'agorafobia è una complicanza del disturbo di panico.
Secondo Klein, gli agorafobici vanno incontro a uno o più attacchi di panico o spontanei che causano l'ansia di anticipazione, la quale causa a sua volta l' evitamento fobico. Il concetto di Klein è oggi un concetto condiviso da molti clinici, per questo motivo nel DSM-III-R l' agorafobia non è classificata tra i disturbi forbici, ma come sotto tipo del disturbo di panico.
Gli agorafobici hanno altri sintomi oltre che le fobie e gli attacchi di panico. Sono ansiosi, soggetti a depressione e spesso provano una sensazione strana chiamata "depersonalizzazione", sensazione che sembra consistere in uno stato psichico spiacevole e che spaventa, in cui il soggetto alla sensazione di essere strano, irreale,
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distante dalla realtà a che lo circonda.
L' agorafobia è più invalidante delle fobie, infatti gli agorafobici in alcuni casi non sono in grado di uscire di casa per mesi o anni, di fare visita agli amici o ai familiari.
Criteri diagnostici DSM-IV per l' agorafobia
A. Ansia relativa all'essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto nel caso di un attacco di panico inaspettato, o di sintomi del tipo del panico.
B. Le situazioni vengono evitate (per esempio gli spostamenti vengono ridotti), oppure sopportate con molto disagio o con l'ansia di avere un attacco di panico o sintomi tipo panico, o viene richiesta la presenza di un compagno.
C. L'ansia o l' evitamento fobico non sono meglio giustificabili da un disturbo mentale di altro tipo, come la fobia sociale, fobia specifica, disturbo ossessivo- compulsivo, disturbo post-traumatico da stress, o disturbo di ansia di separazione.
Storia naturale
Da tre studi che hanno seguito pazienti fobici abbastanza a lungo, è emerso che le fobie semplici che esordiscono nell'infanzia e dell'adolescenza tendono a migliorare e, alla fine, spariscono. Le fobie che esordiscono dopo l'adolescenza continuano per periodi più lunghi: 5 anni dopo l'esordio soltanto il 5% dei pazienti non ha più sintomi, anche se il 50% è migliorato.
Le fobie specifiche o semplici hanno una prognosi migliore delle altre fobie. Quasi sempre consistono in una fobia isolata, mentre la fobia sociale coinvolge spesso due o più fobie e l' agorafobia ne comprende sempre molte.
La fobia sociale, nella maggior parte dei casi, esordisce nell'adolescenza o poco dopo i 20 anni, raramente comincia nella pubertà e dopo i 30 anni. La fobia sociale in genere si sviluppa nel corso di mesi, quindi si stabilizza per anni e infine diminuisce di gravità nella maggiore età.
L' agorafobia, nella maggior parte dei casi, esordisce tra i 25 e i 30 anni, quasi mai prima dei 18 e dopo i 35.
Dei tre tipi di fobia, quest'ultima è quella con l'età di esordio più tarda.
Le fobie semplici esordiscono soprattutto nell'infanzia. Rispetto alla fobia sociale queste fobie hanno più spesso una relazione con singoli eventi scatenanti. L'esordio dell' agorafobia è misterioso. I pazienti di rado ricordano uno specifico evento traumatico, ma ricordano invece con chiarezza il loro primo attacco di panico. Il primo che notò questo particolare fu Freud. Gli agorafobici rimangono a casa, evitano luoghi pubblici e spazi aperti perché vogliono evitare il ripetersi di un attacco di panico. Il primo attacco spesso si manifesta sullo sfondo di una situazione di preoccupazioni e infelicità: problemi di lavoro, una crisi coniugale, un lutto, una malattia. Questa associazione ha portato alcuni autori a definire l' agorafobia "sindrome da disgrazia".
Complicazioni
La disfunzionalità sociale, lavorativa e matrimoniale è la principale complicazione delle fobie. Nelle fobie isolate la disfunzionalità tende a essere lieve e si limita alle situazioni
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che comportano l'esposizione allo stimolo fobico. Gli agorafobici hanno un'invalidità più grave, talvolta fino al punto di essere confinati a casa. In alcuni casi l' agorafobia è risultata essere associata a frigidità e disturbi sessuali. Spesso la frigidità precede l' agorafobia. Capita che le persone affette da agorafobia talvolta si ammalino di una sindrome affettiva che non è possibile distinguere dal disturbo affettivo primario se non per la presenza di fobie croniche antecedenti.
Studi familiari
Sei studi hanno affrontato il problema della trasmissione familiare delle fobie. Cinque di questi hanno prodotto dati a favore della trasmissione familiare. La maggior parte degli studi ha trovato una prevalenza maggiore di agorafobia nelle famiglie di agorafobici. Uno studio gemellare ha dimostrato che il grado di ereditarietà varia con il tipo di fobia.
Ad un estremo abbiamo l'agorafobia con l'età di esordio più tarda, l'ereditarietà maggiore e le prove meno convincenti di influenze ambientali; all'altro, le fobie semplici con l'età di esordio più precoci, l'ereditarietà più debole e le prove più convincenti di influenze ambientali. La fobia sociale risultò intermedia tra questi due estremi. I gemelli di questi studi erano tuttavia tutte donne e non si sa quindi se i risultati valgano anche per gli uomini. Diversi studi indicano infine che i fobici vengono da famiglie stabili e con madri iperprotettive.
Diagnosi differenziale
Oltre che nelle nevrosi fobiche, le fobie si manifestano anche in altre malattie psichiatriche, soprattutto nella nevrosi ossessiva e nel disturbo di panico. Poiché tutte e tre queste condizioni esordiscono precocemente e hanno un decorso cronico, la diagnosi differenziale può essere difficile. Come nei pazienti con altri disturbi l'ansia, i fobici possono divenire depressi e possono sviluppare una serie completa di sintomi affettivi, sia di natura psicologica che fisica. Quando le fobie che precedono l'episodio depressivo sono isolate e non invalidanti, è lecito considerare il disturbo affettivo come "primario". Riguardo all' agorafobia , la depressione generalmente si verifica durante il corso della malattia e dunque dovrebbe essere considerata "secondaria".
Le persone che hanno preoccupazioni eccessive sono talvolta diagnosticate come affette da un disturbo l'ansia generalizzata. Questa forma d'ansia spesso si focalizza su situazioni specifiche come il lavoro o la scuola. Il paziente è irrequieto, irritabile, si stanca facilmente, ha problemi a concentrarsi e soffre di insonnia. Le paure di tali persone sono distinguibili dalle fobie perché l'elemento scatenante varia e non c'è l' evitamento.
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CAP. 7) ALCOLISMO
L'alcolismo è stato definito da Keller l'assunzione frequente di bevande alcoliche in quantità tale da danneggiare la salute o compromettere la condizione sociale ed economica, associato con l'incapacità di controllare l'occasione e la quantità del bere.
Un sinonimo di alcolismo è dipendenza alcolica. Il DSM-IV distingue la dipendenza dall' abuso di alcol: la categoria dell'abuso si riferisce a problemi conseguenti al bere. La categoria della dipendenza, oltre a questi problemi, include anche il comportamento di ricerca dell'alcol, la tolleranza alla sostanza e l'astinenza. Si può ritenere l'abuso come una forma più leggera di dipendenza. Il termine "alcolismo" si riferisce sia alla dipendenza che all'abuso di alcol e nei casi in cui quest'ultimo sia grave.
Criteri diagnostici DSM-IV per la dipendenza da sostanze
Una modalità patologica d'uso della sostanza che conduce a menomazione o a disagio clinicamente significativi, come manifestato da tre (o più) delle condizioni seguenti, che ricorrono in un qualunque momento dello stesso periodo di dodici mesi:
1. Tolleranza, come definito da ciascuno dei seguenti:
a. Il bisogno di dosi notevolmente più elevate della sostanza per raggiungere l'intossicazione o l'effetto desiderato;
b. Un effetto notevolmente diminuito con l'uso continuativo della stessa quantità della sostanza.
2. Astinenza, come manifestato da ciascuno dei seguenti:
a. La caratteristica sindrome di astinenza per la sostanza;
b. La stessa sostanza è assunta per attenuare o evitare i sintomi di astinenza.
3. La sostanza è spesso assunta in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto previsto dal soggetto;
4. Desiderio persistente o tentativi infruttuosi di ridurre o controllare l'uso da sostanza;
5. Una grande quantità di tempo viene speso in attività necessarie a procurarsi la sostanza;
6. Interruzione o riduzione di importanti attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell'uso della sostanza;
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7. Uso continuativo della sostanza nonostante la consapevolezza di avere un problema persistente o ricorrente, di natura fisica o psicologica, verosimilmente causato o esacerbato dalla sostanza.
Criteri diagnostici DSM-IV per l'abuso di sostanze
A. Una modalità patologica d'uso di una sostanza, che porta a menomazione o a disagio clinicamente significativi, come manifestato da una (o più) delle condizioni seguenti, ricorrenti entro un periodo di dodici mesi:
1. Uso ricorrente della sostanza risultante in una incapacità di adempiere ai principali compiti connessi con il ruolo sul lavoro, a scuola o a casa;
2. Ricorrente uso della sostanza in situazioni fisicamente rischiose (per esempio guidando un'automobile);
3. Ricorrenti problemi legali correlati alle sostanze;
4. Uso continuativo della sostanza nonostante persistenti o ricorrenti problemi sociali o interpersonali causati o esacerbati dagli effetti della sostanza.
Cenni storici
L'alcol è stato usato per migliaia di anni come medicina e durante le cerimonie religiose per scopi liturgici, ma ha anche una lunga storia a scopo ricreativo. Lo stato di ubriachezza non era affatto raro e sembra sia stato frequente in tutti gli strati della società, dagli allevatori alle classi dirigenti. Per secoli l'alcol distillato è stato utilizzato in medicina, ma nel XVII secolo divenne una droga il cui abuso era molto comune. Alla fine del XVII secolo la produzione annuale nel mondo di liquori distillati era enorme. Durante l'ultima metà del XIX secolo l'idea che l'alcolismo fosse una malattia divenne popolare tra i medici mentre al tempo del proibizionismo il concetto di alcolismo come malattia perse la sua popolarità. Nella metà degli anni 60 il governo americano iniziò a sostenere le ricerche sull'alcolismo su lunga scala; a partire da gli anni '80 il governo federale e molti stati hanno cominciato a finanziare programmi per alcolisti, mentre numerosi ospedali privati hanno cominciato a proliferare in tutti gli Stati Uniti.
Epidemiologia
Le abitudini variano a seconda dell'età e del sesso. L'incidenza più alta di bevitori e quella più bassa di astemi risultano, sia per gli uomini che per le donne, nella fascia di età fra i 21 e i 34 anni. In generale, per tutte le età, la percentuale di forti bevitori fra gli uomini è 4-5 volte superiore rispetto alle donne. Nella fascia d'età da 65 anni in su, il numero degli astemi è maggiore rispetto ai bevitori in tutti e due i sessi. Il governo americano considera forte bevitore chi consuma 14 o più bevande alcoliche in una settimana.
I problemi con l'alcol appaiono correlati con una storia personale di difficoltà scolastiche. I ragazzi che abbandonano la scuola superiore e i ragazzi con un numero molto alto di assenze scolastiche e di atti di delinquenza risultano a più alto rischio di alcolismo. Individui che svolgono determinati lavori sembrano più predisposti all'alcolismo di altri. Camerieri, scaricatori di porto, musicisti, scrittori e giornalisti
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presentano tassi di cirrosi epatica relativamente alti; ragionieri, postini e muratori hanno invece tassi piuttosto bassi.
Quadro clinico
L'alcolismo è un disturbo del comportamento: il comportamento specifico che causa problemi è il consumo ripetuto di grande quantità di alcol. La motivazione che sottende a questo comportamento è spesso oscura. Gli alcolisti tendono ad attribuire tale comportamento a un umore particolare come la depressione, l'ansia o come reazione a problemi particolari. Essi descrivono un' irresistibile bisogno di bere, in ogni caso, non sono in grado di fornire una spiegazione plausibile per il loro comportamento di abuso. L'alcolismo è accompagnato dalla preoccupazione di poter ottenere la sostanza in quantità sufficienti per produrre intossicazione per un lungo periodo. In genere c'è la tendenza da parte gli alcolisti a trascorrere la maggior parte del tempo con altri forti bevitori. Quando l'alcolismo si fa più grave e i problemi che derivano diventano più seri, gli alcolisti cominciano a bere da soli, prendono gli alcolici di nascosto, nascondono la bottiglia e spesso provano sensi di colpa e rimorsi, che possono indurre a bere di più così da avere un sollievo temporaneo.
Il consumo prolungato di alcolici col passare del tempo induce ansia e depressione con tutti i sintomi ad esse associati, come insonnia, umore depresso, irritabilità e attacchi di ansia con dolori al petto, palpitazioni e dispnea. L'alcol concede un sollievo temporaneo da questi sintomi, producendo un circolo vizioso che infine può dare la classica sindrome di astinenza. Spesso il paziente fa uno sforzo enorme per smettere di bere e può anche riuscirci per giorni e settimane prima di cadere nuovamente sulla bottiglia. Le ricadute portano facilmente alla disperazione e allo sconforto.
L'alcol è una delle poche droghe psicoattive che produce una forma classica di amnesia: questi episodi sono particolarmente angoscianti, perché gli alcolisti temono spesso il fatto di aver fatto male a qualcuno inconsapevolmente o di essersi comportati imprudentemente. Studi sulle forme di black-out indicano che l'amnesia è spesso anterograda.
Durante un black-out, la memoria di lavoro e quella immediata rimangono intatte, mentre è presente un deficit specifico nella memoria a breve termine. Le persone colpite non riescono a ricordare eventi che sono accaduti 5 o 10 minuti prima. Poiché le altre facoltà intellettive sono intatte, possono compiere delle azioni complesse e apparire normali a chi li osserva. Talvolta, comunque, può accadere qualcosa di strano: gli alcolisti riferiscono di aver vissuto un dato evento nello stato di ubriachezza, di aver dimenticato l'evento quando ritornano sobri e di ricordarlo soltanto quando bevono di nuovo.
Come identificare l'alcolista:
1. L' arcus senilis: un'opacità anulare della cornea, appare in genere con le età, non comporta disturbi della vista ed è considerata una condizione innocua. È causata dal deposito di grassi ematici, l'alcol infatti aumenta i grassi nel sangue.
2. La presenza di naso rosso (acne rosacea) può indicare che l'individuo ha un debole per le bevande alcoliche. Spesso, tuttavia, gli individui con il naso rosso possono essere anche astemi.
3. Palmi delle mani rossi (eritema palmare): sono solo indicative per l'alcolismo ma non presentano un elemento diagnostico.
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4. Bruciatura di sigaretta fra l'indice e il medio o sul petto e contusioni e lividi dovrebbero destare sospetti riguardo ad un possibile stato di stupor causato dall'alcol.
5. Ipertrafia non dolente del fegato può essere l'indice di un'assunzione di alcol in quantità maggiore di quella che il fegato può sopportare.
6. Sensibilità ridotta e debolezza muscolare nei piedi e nelle gambe possono essere una conseguenza del bere eccessivo.
7. I test di laboratorio forniscono altri indizi. Oltre la metà degli alcolisti presenta livelli elevati di gamma-glutamil-transpeptidasi (GGT), cosa inusuale in chi non assume alcol. Inoltre i valori elevati nei seguenti test sono spesso associati all'alcolismo: volume corpuscolare medio, acido urico, trigliceridi, urea.
Storia naturale
La storia naturale dell'alcolismo presenta alcune differenze nei due sessi. Negli uomini, l'esordio coincide di solito con la tarda adolescenza, oppure si manifesta poco dopo i 20 anni, il decorso è insidioso e l'alcolista può non essere consapevole della sua dipendenza dall'alcol fino ai 30 anni. Il primo ricovero avviene di solito verso la fine dei 30 e l'inizio dei 40 anni. L'alcolismo ha un tasso di remissione "spontanea" molto alto. Le donne alcoliste sono state oggetto di studio in misura molto minore rispetto agli uomini. Esse iniziano più tardi e la remissione spontanea è meno frequente; inoltre sono più portate a soffrire di alcolismo associato alla depressione.
Jellinek ritiene che le manifestazioni dell'alcolismo seguano un ordine cronologico naturale, dove i black-out costituiscono uno dei sintomi "prodromici" della malattia. Successivamente, ulteriori studi hanno confutato questo punto di vista e ora si crede che i problemi derivanti dal bere si verifichino in varie sequenze e che i black-out non abbiano un significato particolare come indice dell'alcolismo imminente. Jellinek ha diviso gli alcolisti in varie "specie", a seconda delle loro caratteristiche. Una specie, i cosiddetti "alcolisti gamma" presentano problemi di "controllo": una volta che iniziano a bere, non riescono più a smettere finché dei problemi di salute o le risorse finanziarie ormai scarse non impediscono di continuare. Una volta che sia finita la crisi, l'alcolista è capace di astenersi dal bere per lunghi periodi. Jellinek oppone agli alcolisti gamma una specie di alcolisti comune in Francia. Questo tipo possiede la capacità di controllarsi ma è incapace di astenersi; deve bere una certa quantità di alcol ogni giorno, sebbene non abbia nessuna spinta a superare questa dose.
Complicazioni
È possibile distinguere le complicazioni sociali e le complicazioni mediche.
Ad esempio fra gli alcolisti è presente un alto tasso di separazioni e divorzi. Essi hanno spesso problemi di lavoro che comprendono anche frequente assenteismo e la perdita della loro occupazione. Hanno un'elevata frequenza di incidenti domestici, sul luogo di lavoro e automobilistici. Si è infatti riscontrato che quasi la metà dei condannati sono alcolisti.
Le complicazioni mediche per il consumo pesante di alcol si dividono in tre categorie:
a. Effetti acuti;
b. Effetti cronici;
c. Effetti di astinenza.
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Il consumo di grandi quantità di alcol può condurre direttamente alla morte per depressione del centro respiratorio. Quasi tutti gli organi possono essere colpiti, direttamente o indirettamente, da un uso pesante e cronico di alcol. La gastrite e la diarrea sono effetti comuni, può anche esserci la presenza di ulcera. L'effetto più grave dell'alcol nell'apparato gastro-intestinale è il danno al fegato. L'alcolismo è spesso associato con le patologie del sistema nervoso, dovute principalmente alla carenza di vitamine. La più comune complicazione neurologica è la neuropatia periferica, che sembra derivare da carenze di vitamine del gruppo B. Altre complicazioni neurologiche comprendono la malattia degenerativa del lobo anteriore del cervello e la sindrome di Wernicke-Korsakoff, che deriva da una carenza di tiamina. Le manifestazioni acute della sindrome di Wernicke sono disturbi oculari, atassia e stati confusionali. Essa sparisce presto in pochi giorni, ma può progredire in una sindrome cerebrale cronica, la psicosi di Korsakoff. La perdita di memoria a breve termine (amnesia anterograda) è la caratteristica più comune della psicosi di Korsakoff. Può essere presente anche la confabulazione, cioè la narrazione di storie inventate.
Il termine "sindrome di astinenza da alcol" è preferibile a "delirium tremens": questo termine si riferisce infatti a uno specifico sintomo della sindrome. Il sintomo più comune è appunto il tremore, che a volte si verifica solo poche ore dopo aver smesso di bere e può iniziare persino mentre la persona sta ancora bevendo ("astinenza relativa"). Possono verificarsi anche allucinazioni transitorie e in questo caso esse hanno inizio 12 o 24 ore dopo aver smesso di bere. Le convulsioni si presentano occasionalmente, talvolta addirittura 2 o 3 giorni dopo aver smesso di bere. Gli alcolisti che vanno incontro alle convulsioni non sono malati di epilessia, le hanno solo durante l'astinenza. Il delirium tremens è raro e inizia 2 o 3 giorni dopo la sospensione dell'alcol, si risolve infine in un arco di tempo di 1-5 giorni. Quando durante l'astinenza si verifica il delirium tremens, è bene è sempre sospettare di una malattia medica intercorrente.
La cosiddetta "allucinosi alcolica cronica" si riferisce alla persistenza di allucinazioni, di solito acustiche, per lunghi periodi di tempo dopo la remissione degli altri sintomi di astinenza e dopo che il paziente ha smesso di bere.
Il suicidio è una complicazione importante dell'alcolismo. Circa un quarto dei suicidi è compiuto da alcolisti, perlopiù uomini bianchi sopra i 35 anni. Sembra che gli alcolisti siano portati facilmente a compiere il suicidio dopo la perdita della moglie, di un parente stretto o a causa della rottura di un legame affettivo.
Studi familiari
Tutti gli studi familiari sull'alcolismo hanno evidenziato percentuali più elevate di alcolismo tra i parenti di alcolisti e nella popolazione generale. Circa il 25% dei padri e dei fratelli di alcolisti sono essi stessi forti consumatori di alcol. Nella ricerca psichiatrica, per separare natura ed educazione nelle malattie familiari si utilizzano due metodi: uno è quello di confrontare i gemelli identici e fraterni. Se i gemelli identici mostrano maggiore concordanza per l'alcolismo rispetto a quelli fraterni, ciò e indice di un'influenza genetica. Un altro modo è di studiare le persone adottate che hanno casi di alcolismo nella famiglia di origine ma non nella famiglia adottiva. Entrambe questi approcci sono stati utilizzati per l'alcolismo.
Studi gemellari
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Un ricercatore ha scoperto una maggiore concordanza per l'alcolismo nei gemelli monozigoti rispetto ai dizigoti: più grave era la forma di alcolismo, maggiore la differenza. Anche altri studi hanno riportato risultati a favore del fattore generico; i gemelli identici erano molto più spesso concordanti per l'alcolismo rispetto a quelli fraterni. Due studi che sono stati compiuti hanno dato risultati che attestano l'influenza genetica, un terzo però ha dato risultati in senso contrario, e un quarto ha dato risultati piuttosto ambigui.
Studia adottivi
Tre studi distinti su figli adottivi condotti in Danimarca, Svezia e Stati Uniti hanno prodotto risultati molto simili:
a. I figli di alcolisti hanno una probabilità 3 o 4 volte maggiore di diventare alcolisti rispetto ai figli dei non alcolisti, indipendentemente dal fatto che siano stati cresciuti dai loro genitori naturali alcolisti o da genitori adottivi non alcolisti.
b. I figli degli alcolisti non sono a rischio maggiore per disturbi psichiatrici dell'età adulta come depressione e sociopatia rispetto ai figli dei non alcolisti.
Il concetto di alcolismo familiare
Verso la fine degli anni 70 i ricercatori notarono che molti alcolisti non avevano casi del genere in famiglia. Nella maggior parte delle ricerche, la percentuale di alcolisti ricoverati che aveva una storia familiare di alcolismo era del 50% circa. Diversi ricercatori hanno confrontato i due gruppi. Ne sono emerse due importanti scoperte:
a. Gli "alcolisti familiari" mostrano i primi segni di dipendenza dall'alcol in età più giovane rispetto agli alcolisti non familiari;
b. Gli alcolisti familiari presentano una forma di dipendenza più acuta con un decorso più rapido e fulminante.
Diversi studi indicano che gli alcolisti familiari hanno meno probabilità di contrarre altre malattie psichiatriche rispetto agli alcolisti non familiari. In questo senso, alcolismo familiare è sinonimo di alcolismo "primario". Un'eccezione a questa scoperta è che gli alcolisti familiari sono affetti più di frequente da personalità antisociale. Inoltre hanno spesso una storia di iperattività infantile e/o disturbo della condotta.
Diagnosi differenziale
L'uso eccessivo e cronico di alcol produce un'ampia serie di sintomi psichiatrici che possono simulare altri disturbi psichiatrici. Pertanto quando una persona consuma molto alcol e quando è nel periodo di astinenza, è difficile determinare se soffre di un disturbo psichiatrico oltre all'alcolismo. Molti alcolisti, inoltre, fanno uso di altre droghe ed è difficile determinare quale sintomo sia prodotto dall'alcol e quale dalle altre droghe.
Una condizione psichiatrica associata comunemente all'alcolismo è il disturbo affettivo primario. Sembra che le donne soffrono di tale disturbo più frequentemente rispetto agli uomini.
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CAP. 8) FARMACODIPENDENZA
Si definisce farmacodipendenza l'assunzione ripetuta di una sostanza psicoattiva che causa danno al consumatore o ad altri.
L' OMS ha proposto di utilizzare questo termine invece di "assuefazione" o "abitudine". Questi termini, in ogni caso, sono ampiamente in uso nella letteratura medica.
Il termine assuefazione è utilizzato in senso fisico e psichico: con il termine assuefazione fisica si intende una condizione indotta dalla sostanza, caratterizzata da tolleranza e dipendenza fisica. Il termine tolleranza indica un processo biologico e adattivo per il quale "occorre aumentare i dosaggi della sostanza per ottenere gli stessi effetti della prima dose". L'assuefazione psichica si riferisce invece a "uno schema comportamentale di uso compulsivo della sostanza, caratterizzato da un coinvolgimento sempre maggiore nell'uso della sostanza". L'abitudine indica la dipendenza da una sostanza per ottenere e "uno stato di benessere", caratterizzato da desiderio di assumere con la sostanza.
Il DSM-IV elenca una serie di 9 sintomi per la dipendenza da sostanze psicoattive.
Esso include anche una categoria chiamata abuso di sostanze psicoattive. I soggetti che rientrano in quest'ultima categoria non corrispondono ai criteri per la dipendenza o fanno un uso ripetuto di sostanze nonostante
a. Il danno sociale, lavorativo, psicologico o fisico che ne deriva, oppure
b. Il rischio di incidenti correlati all'uso della sostanza.
Cenni storici
Col progredire delle scienze, in particolare della medicina e della chimica, è aumentata la varietà delle sostanze. Le sostanze analgesiche ricavate dalle piante di papavero sono state particolarmente soggette a forme di abuso, proprio perché all'effetto analgesico uniscono proprietà euforizzanti. L' eroina è stata introdotta all'inizio del secolo come una soluzione "eroica" al problema degli oppiacei. Verso la fine del XIX secolo si scoprirono in Occidente numerose sostanze vegetali utilizzati altrove per creare alterazioni della mente. È il caso della cocaina e dell' hashish. La più recente epidemia di abuso di sostanze stupefacenti risale ai primi anni 60, quando gli allucinogeni divennero parte integrante della cultura giovanile della classe media americana.
Alla fine degli anni 60 anche droghe depressogene, come i barbiturici e altri farmaci ipnoticidivennero popolari fra i giovani. Durante gli anni 60 e 70, la marijuana divenne la sostanza illecita più diffusa in America, a causa della grande disponibilità e della sua capacità di esaltare i processi sensoriali. Negli anni 60 mentre la marijuana e gli allucinogeni avevano una grande diffusione in America nella classe media e medio-alta, l'eroina, la forma potente ad azione rapida della morfina, diventò un grave problema medico e legale soprattutto per i neri delle classi basse e urbanizzate. A causa del suo costo, l'eroina porta commettere azioni criminali, compresa la corruzione di appartenenti a corpi della polizia. Le morti sono provocate dal sovradosaggio, da reazioni allergiche, o complicazioni mediche legate all'uso di siringhe non sterili.
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Epidemiologia
Negli ultimi tempi si è registrata una riduzione dell'abuso di droghe in generale, un modesto declino del consumo di alcol e una forte riduzione del numero dei fumatori. Molte persone, tuttavia, sono esposte a una grande varietà di droghe illegali. L'immagine del forte consumatore di sostanze stupefacenti è cambiata. Persone di ceto elevato, atleti, celebrità del cinema sono stati arrestati perché in possesso di cocaina. La marijuana è stata parzialmente legalizzata in alcuni paesi: la vendita costituisce ancora un reato ma non il possesso di piccole quantità.
Confronto fra le sostanze:
Alcuni esperti giudicano la cocaina come la sostanza più "rinforzante" mentre l' alcol in questo senso ha solo un effetto moderato. Il rinforzo è una misura della capacità della droga di spingere i consumatori ad assumerla nuovamente, preferendola ad altre sostanze. L'assuefazione è strettamente correlata al rinforzo.
Classificazione delle droghe:
􀂾 Oppiacei: sono derivati di sostanze vegetali che crescono in natura e hanno effetti simili a quelli della morfina. Altri oppiacei sono l'eroina, l' idromorfone, la codeina, l' ossicodone e l'etere paregorico. L'eroina è l'unica di queste sostanze non disponibile per uso terapeutico negli Stati Uniti. Nelle dosi terapeutiche abituali, gli oppiacei hanno un effetto analgesico, inducono sonnolenza e cambiamenti dell'umore descritti come una sensazione di benessere. Essi hanno anche un effetto di depressione respiratoria e provocano restringimento delle pupille, stipsi e talvolta nausea e vomito. La maggior parte dei tossicomani da eroina e morfina assumono gli oppiacei per via endovenosa. I primi sintomi dell'astinenza da oppiacei appaiono in genere 8-12 ore dopo l'ultima dose, una volta che si sia stabilita l'assuefazione. Questi si manifestano con lacrimazione, sudorazione e continui sbadigli. In seguito il tossicomane può cadere in un sonno molto agitato noto come "il sonno yen", dal quale si risveglia dopo diverse ore, spossato ed depresso. Sono presenti anche altri sintomi: pupille dilatate, anoressia, agitazione, insonnia, irritabilità, pelle d'oca, nausea, vomito, brividi e crampi addominali. I principali sintomi dell'astinenza scompaiono nel giro di 7-10 giorni, ma il soggetto può continuare a soffrire di insonnia, astenia e nervosismo.
􀂾 Ipnotici - sedativi: i sedativi hanno un effetto calmante; gli ipnotici inducono il sonno. La classe di ipnotici-sedativi più nota è quella delle benzodiazepine, chiamate "tranquillanti" o "tranquillanti minori" per distinguerle dai tranquillanti "maggiori" come le sostanze antipsicotiche. Le benzodiazepine si differenziano dai barbiturici perché il sonno da loro indotto è molto leggero. A differenza degli oppiacei, i barbiturici sono assunti per via orale. Essi a breve o media durata di azione sono quelli più usati per scopi non terapeutici. Un paziente intossicato può mostrare leturgia, difficoltà di pensiero, scarsa memoria, irritabilità e trascuratezza della persona.
􀂾 Benzodiazepine: le benzodiazepine rappresentano la classe di farmaci in assoluto più prescritta nel mondo occidentale. In confronto agli ipnotici-sedativi, le benzodiazepine presentano diversi vantaggi:
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a. alleviano l'ansia senza necessariamente ridurre la vigilanza;
b. le dosi prescritte non danno alcun effetto euforizzante
c. sono miorilassanti
d. sono i farmaci più sicuri e più efficaci nel trattamento dell'astinenza da alcol o da altri stati di agitazione prodotti da molte droghe.
Le benzodiazepine sono le sostanze più efficaci fra tutte quelle disponibili per la cura dell'insonnia. Inoltre è quasi impossibile procurarsi la morte con un'overdose e di tali sostanze. Sintomi gravi di astinenza sono rari; vanno dal panico alle allucinazioni, al disorientamento.
􀂾 Anfetamine: questo gruppo di stimolanti comprendono la d- amfetamina, la dl- amfetamina, la metamfetamina e la destrometamfetamina. Gli effetti includono esaltazione dell'umore, aumento della vigilanza e dell'energia, diminuzione dell'appetito. Possono essere assunte per via orale, endovenosa o fumate. I consumatori lamentano una sensazione di fatica e depressione dopo la sospensione del farmaco.
􀂾 Cocaina: gli Stati Uniti hanno vissuto due grandi epidemie di abuso di cocaina. La prima ha avuto luogo alla fine del XIX secolo, quando soprattutto i medici divennero cocainomani (pensando, come aveva fatto Freud, che la sostanza non fosse tossica e non desse assuefazione). La seconda ebbe inizio nella metà degli anni 70 e continua tuttora. La cocaina rimane tra le principali sostanze di abuso in tutto il paese. Essa ricorda le amfetamine per molti aspetti, ma mentre queste sono di origine sintetica, la cocaina ha un'origine vegetale e deriva dagli arbusti di coca che crescono sulle Ande. La cocaina è un potente eccitante del sistema nervoso e induce euforia, maggiore vigilanza e scomparsa del senso di fatica e di noia. Un consumo assiduo può causare una psicosi di tipo schizofrenico che assomiglia alla schizofrenia paranoie. Il crack, la forma di cocaina assunta per inalazione relativamente poco costosa, è molto popolare nei ghetti urbani, ed è considerata da molti esperti come la forma più pericolosa di droga. E' inoltre responsabile di un certo numero di decessi fra gente famosa. Infine è causa di molti reati e omicidi legati all'uso della sostanza.
􀂾 Allucinogeni: le distorsioni delle percezioni costituiscono l'effetto principale delle sostanze allucinogene, che comprendo LSD, mescalina, psilocibina e una famiglia di composti chimicamente simili o all' LSD o alle amfetamine. La maggior parte degli allucinogeni sono sostanze di sintesi. Fra di loro la sostanza più studiata la l' LSD. Insieme alle distorsioni delle percezioni, comprese illusioni e allucinazioni, l' LSD produce un'alterazione del senso del tempo, disturbi della capacità di giudizio e talvolta ho stati confusionali e disorientamento. Alcuni consumatori arrivano al pronto soccorso in preda al panico e a idee deliranti persecutore. Effetti tipici sono anche le cosiddette esperienze di ritorno, "flash back'". Un certo numero di decessi è stato attribuito all'LSD, soprattutto omicidi e suicidi.
􀂾 Fenciclidina: la polvere gli angeli (Fenciclidina, PCP) è divenuta negli ultimi anni un importante sostanza di abuso. Questa sostanza è disponibile sotto varie forme: pasticche, polvere, foglie, cristalli di roccia e può essere ingerita, sniffata, fumata o iniettata. Dosi moderate di questa sostanza possono generare comportamenti strani accompagnati spesso da uno sguardo fisso o vuoto. Il soggetto diventa confuso, aggressivo e può entrare in stato di letargico o comatoso. Dosi elevate possono causare convulsioni e depressione
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respiratoria. La fenciclidina è un anestetico "dissociativo": essa induce uno stato catalettico durante il quale non si percepisce dolore, gli occhi del soggetto sono spalancati, ma egli è privo di coscienza e non ricorda l'esperienza. Alcuni dei resoconti clinici indicano sintomi simili a quelli indotti dall' LSD: rallentamento del tempo, sensazione di potenza, mancanza di appetito, illusioni e pseudoallucinazioni. L'overdose di fenciclidina si manifesta con un coma prolungato ad occhi aperti, spesso accompagnato da convulsioni.
􀂾 Marijuana: la cannabis sativa (canapa) contiene principi attivi chiamati in cannabinoidi, uno dei quali, il THC, è ritenuto il principale componente psicoattivo della marijuana. Le preparazioni della cannabis sono due: marijuana e hashish. Le prove raccolte nel corso degli ultimi 30 anni indicano che l'uso regolare di marijuana si associa ai seguenti problemi di salute:
1) Irritazione bronchiale e polmonare.
2) La marijuana provoca tachicardia.
3) La marijuana ha degli aspetti negativi a breve termine sulle capacità cognitive e sulla memoria immediata.
4) L'intossicazione da marijuana aumenta i tempi di reazione e peggiora la coordinazione motoria e la percezione visiva.
Criteri diagnostici DSM-IV per la dipendenza da sostanze
Una modalità patologica d'uso della sostanza che conduce a menomazione o a disagio clinicamente significativi, come manifestato da tre (o più) delle condizioni seguenti che ricorrono in un qualunque momento dello stesso periodo di 12 mesi:
1. Tolleranza, come definita da ciascuno dei seguenti:
a) Il bisogno di dosi notevolmente più elevate della sostanza per raggiungere l'intossicazione o l'effetto desiderato;
b) Un effetto notevolmente diminuito con l'uso continuativo della stessa quantità della sostanza.
2. Astinenza, come manifestato da ciascuno dei seguenti:
a) La caratteristica sindrome di astinenza della sostanza;
b) La stessa sostanza è assunta per attenuare o evitare i sintomi dell'astinenza.
3. La sostanza è spesso assunta in quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quanto previsto dal soggetto;
4. Desiderio persistente o tentativi infruttuosi di ridurre o controllare l'uso da sostanza;
5. Una grande quantità di tempo viene spesa in attività necessarie a procurarsi la sostanza, ad assumerla, o a riprendersi dai suoi effetti;
6. Interruzione o riduzione di importanti attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell'uso della sostanza;
7. Uso continuativo della sostanza nonostante la consapevolezza di avere un problema persistente o ricorrente, di natura fisica o psicologica, verosimilmente causato o esacerbato dalla sostanza.
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Specificare se:
􀂾 Con dipendenza fisiologica: prove di tolleranza o astinenza.
􀂾 Senza dipendenza fisiologica: nessuna prova di tolleranza o astinenza.
CAP. 9) PERSONALITA’ ANTISOCIALE (Sociopatia)
La personalità antisociale è un insieme di comportamenti ricorrenti di natura antisociale, delinquenza e criminale che cominciano nell’infanzia o al principio dell’ adolescenza e che si manifestano con problemi in molti settori della vita sociale: relazioni familiari, scuola, lavoro, servizio militare e matrimonio.
Cenni storici
Prichard fu il primo a descrivere quella che è oggi chiamata “personalità antisociale”, con il termine di “pazzia morale” egli definì la malattia dicendo che le facoltà intellettive non hanno subito danni, la malattia si manifesta principalmente nello stato di sentimenti, del carattere o delle abitudini. La morale e i principi della mente sono fortemente pervertiti e depravati.
Il termine personalità psicopatica fu adoperato in maniera contraddittoria per riferirsi qualche volta all’intero spettro delle personalità devianti e qualche volta a un sottogruppo di “psicotici” aggressivi o antisociali. Per ridurre la confusione è stato adottato il termine “personalità antisociale”.
Epidemiologia
Diversi dati suggeriscono che la sociopatia è comune e probabilmente in aumento; che è molto più frequente nei maschi, nei centri urbani e nelle fasce di popolazione di basso livello socioeconomico. Di solito i sociopatici provengono da famiglie con grossi problemi: separazioni, divorzi, morti premature, abbandoni del coniuge, alcolismo e criminalità.
Quadro clinico
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La sociopatia comincia nell'infanzia o nei primi anni dell'adolescenza. Le prime manifestazioni possono essere quelle della “sindrome del bambino iper- attivo”. Una storia scolastica problematica è caratteristica delle prime fasi della sociopatia, sono comuni anche le fughe da casa e occasionalmente gli adolescenti sociopatici possono scomparire per settimane o mesi. Il curriculum lavorativo dei sociopatici è tipicamente mediocre. Sono comuni l'inaffidabilità, l'incapacità ad accettare critiche e consigli. Il matrimonio precoce è tipico, specialmente tra le donne. I loro matrimoni sono segnati da infedeltà, separazioni e divorzi. I sociopatici hanno la tendenza a sposare altri sociopatici. La maggior parte dei sociopatici ha dei guai con la polizia, possono verificarsi anche disturbo della quiete pubblica (associato in genere con ubriachezza e risse), varie infrazioni al codice stradale,furti d'auto, rapine, stupri, estorsioni e omicidi.
Molti sociopatici mentono abitualmente ed usano nomi falsi, di solito come risposta comprensibile a problemi sociali o legali; qualche volta però senza un qualche bisogno evidente di evitare le punizioni: tale comportamento è stato nominato "menzogna patologica". Possono raccontare storie inventate per confondere e impressionare i parenti. Questo comportamento può arrivare a forme estreme come lo spacciarsi per medico, ufficiale o uomo d'affari. Con il passare del tempo, i parenti, i medici e i giudici imparano a non credere a quello che i sociopatici raccontano. Si è affermato che un modo di fare affascinante, l'assenza di colpa, rimorso e ansia, l'incapacità di imparare dalle propre esperienze siano elementi caratteristici della sociopatia.
Criteri diagnostici DSM-IV per il disturbo antisociale di personalità
A. Un quadro pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri, che si manifesta fin dall'età di 15 anni, come indicato da tre (o più) dei seguenti elementi:
1. Incapacità di conformarsi alle norme sociali per ciò che concerne il comportamento legale, come indicato dal ripetersi di condotte suscettibili di arresto;
2. Disonestà, come indicato dal mentire, usare falsi nomi, o truffare gli altri ripetutamente, per profitto o per piacere personale;
3. Impulsività o incapacità di pianificare;
4. Irritabilità e aggressività, come indicato da scontri o assalti fisici ripetuti;
5. Inosservanza spericolata della sicurezza propria e degli altri;
6. Irresponsabilità abituale, come indicato dalla ripetuta incapacità di sostenere un'attività lavorativa continuativa, o di far fronte ad obblighi finanziari;
7. Mancanza di rimorso, come indicato dall'essere indifferenti o dal razionalizzare dopo aver danneggiato un altro.
B. L'individuo ha almeno 18 anni.
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C. Presenza di un disturbo della condotta con esordio prima dei 15 anni di età.
D. Il comportamento antisociale non si manifesta solo durante il decorso della schizofrenia o di un episodio maniacale.
Storia naturale
La sociopatia esordisce precocemente. Se la condotta antisociale e delinquenziale non è cominciata prima di 15 o 16 anni è improbabile che si manifesti successivamente. Alcuni sociopatici, generalmente i casi meno gravi, possono avere una remissione attorno ai 20 anni. In altri casi il comportamento sociopatico persiste fino alla mezza età e poi scompare. Alcuni tuttavia non migliorano mai.
Complicazioni
La sociopatia è una malattia che può essere considerata di pertinenza medica. I sociopatici giungono spesso all'osservazione dei medici a causa delle frequenti malattie veneree, delle gravidanze non volute, delle ferite per risse o incidenti, della dipendenza da alcol o droghe.
Studi familiari
I sociopatici generalmente provengono da famiglie con problemi gravi tra cui frequenti sono la sociopatia e l'alcolismo. Diversi studi di figli di criminali e psicopatici indicano che questi ragazzi, anche quando sono adottati in tenera età da persone con cui non hanno relazioni di parentela, hanno più probabilità di sviluppare da adulti un comportamento psicopatico e criminale rispetto ai ragazzi adottati i cui genitori biologici non sono criminali o psicopatici. Da studi recenti è stata anche confermata l'associazione tra sociopatia e disturbo di somatizzazione (isteria).
Diagnosi differenziale
La sociopatia va distinta dall'alcolismo, dalla tossicodipendenza, dall'isteria, dalla schizofrenia, dalla mania e dalla sindrome psicorganica. L'alcolismo e la tossicodipendenza sono complicazioni frequenti della sociopatia e aggravano il comportamento antisociale e criminale; in ogni caso, spesso non è possibile separare la sociopatia dall'alcolismo e dalla tossicodipendenza. Molte donne sociopatiche sviluppano il quadro clinico dell'isteria. Spesso si rintracciano comportamenti antisociali nell'anamnesi personale e familiare di isterici non sono sociopatici. Il comportamento di alcuni pazienti affetti da mania ad esordio precoce può ricordare quello dei sociopatici, specialmente nelle donne. Poiché la mania è rara prima dei 15 anni, un comportamento sociopatico prima di questa età depone per una diagnosi di sociopatia.
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CAP. 10) DELIRIUM, STATI CONFUSIONALI E DEMENZA (Sindrome cerebrale)
Il delirium, gli stati confusionali e la demenza sono spesso raggruppati nella categoria indicata con il termine sindrome cerebrale organica, o sindrome cerebrale. Questa diagnosi si fonda sull'esame dello stato mentale e sui pazienti nei quali è possibile documentare disturbi medici e neurologici che colpiscono la struttura e le funzioni cerebrali. Presupposto della diagnosi è la presenza di un deterioramento dell'orientamento, della memoria e di altre funzioni intellettive e cognitive; talvolta compaiono anche altri sintomi di natura psichiatrica come allucinazioni, deliri, depressione, ossessioni e cambiamenti della personalità. La capacità di giudizio è compromessa; i pazienti possono avere talvolta consapevolezza dei proprio disturbo.
Nelle sindromi cerebrali si distinguono forme acute e croniche: la sindrome cerebrale acuta tende è breve e di norma reversibile. Il delirium è una sindrome cerebrale acuta associata a eccitazione, agitazione, spesso allucinazioni e deliri. La sindrome cerebrale
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cronica, o demenza, è spesso progressiva e le sue possibilità di guarigione sono limitate.
Epidemiologia
La sindrome cerebrale acuta si verifica comunemente in presenza di polmonite, infezioni sistemiche, insufficienza cardiaca, febbre alta, ictus, stati post-operatori e intossicazioni da alcol o altre droghe. La demenza del tipo Alzheimer e l'arteriosclerosi cerebrale sono due delle cause più comuni di sindrome cerebrale cronica e la loro incidenza aumenta con l'età.
Quadro clinico
La sindrome cerebrale acuta è quasi sempre associata a malattie mediche, chirurgiche o neurologiche o all'intossicazione da droghe. Gli elementi distintivi di una sindrome cerebrale sono due: il disorientamento e il deterioramento della memoria a breve termine. Altre caratteristiche cliniche comuni comprendono un umore depresso o timoroso, apatia, irritabilità, compromissione delle capacità di giudizio, sospettosità, idee deliranti, allucinazioni e comportamento aggressivo. Esempi di tali manifestazioni cliniche possono essere un'affettività labile, mutevole con improvvisi e brevi scoppi di pianto; un atteggiamento polemico ed esigente. La combinazione di disorientamento, perdita di memoria, diffidenza, allucinazioni e comportamento combattivo o terrorizzato costituisce il delirium, la forma più drammatica e più grave dal punto di vista clinico di sindrome cerebrale acuta. Tale sindrome può variare da giorno a giorno e persino da ora ad ora. Il disorientamento può riferirsi al tempo, ai luoghi e alle persone. Sono comuni l'incapacità costante di ricordare esattamente il mese o l'anno, gli sbagli ricorrenti nell'identificare il luogo o l'incapacità persistente di ricordare correttamente gli eventi.
Criteri diagnostici DSM-IV per delirium dovuto a:
A. Alterazione della coscienza (cioè, riduzione della lucidità della percezione dell'ambiente), con ridotta capacità di focalizzare, mantenere o spostare la tensione.
B. Una modificazione cognitiva (quale deficit di memoria, disorientamento, alterazioni del linguaggio), o lo sviluppo di una alterazione percettiva che non risulta meglio giustificata da una preesistente demenza.
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C. L'alterazione si sviluppa in un breve periodo di tempo (ore o giorni).
D. Vi è la dimostrazione che il disturbo è causato dalle conseguenze fisiologiche dirette di una condizione medica generale.
Molti pazienti affetti da demenza possono presentare inizialmente sintomi depressivi o disturbi somatici come mal di testa, dolore addominale e stipsi. In altri casi i pazienti sono condotti dal medico dai parenti per gli eccessi di collera, comportamenti socialmente imbarazzanti o sospettosità. Il deterioramento cognitivo e mnemonico può diventare evidente solo quando si approfondisce l'indagine clinica. Nella demenza, l' insight del paziente è molto variabile; la frustrazione, dovuta all'essere incapace di eseguire compiti specifici, provoca di frequente reazioni di diffidenza e di ostilità. Il paziente non presta attenzione alla polizia e all'ordine, non sa più come comportarsi a tavola, usa un linguaggio offensivo e osceno, si estranea dalla vita sociale e ha delle maniere sgarbate, presenta scoppi di collera improvvisi e arriva persino alla violenza fisica. La guarigione può essere legata alla durata della demenza. L'intossicazione da farmaci,l' insufficienza epatica, l'ipotiroidismo, l'anemia perniciosa, la paralisi generale progressiva, i tumori cerebrali benigni, sono cause poco frequenti mai individuabili della demenza. Tutte queste malattie sono curabili.
Molti casi di demenza, comunque, sono il risultato di malattie cerebrali intrinseche o di alterazioni arteriosclerotiche nei vasi del cervello. Altre cause della demenza, ancora incurabili, consistono in una serie di degenerazioni cerebrali presenili e danni traumatici al cervello.
Per molti anni è stata fatta una distinzione fra la malattia di Alzheimer, una forma di demenza presenile, e la demenza senile; in realtà nella pratica corrente le due condizioni sono considerate identiche.
La malattia di Huntington, un'altra grave forma di demenza, la cui causa è stata per lungo tempo individuata in un gene dominante, è ora chiaramente collegata al cromosoma 4. Molti ricercatori hanno messo in risalto un'associazione fra la malattia di Huntington e il disturbo affettivo, notando che esso può essere una prima manifestazione del morbo di Huntington.
Un'altra forma di demenza che è stata associata con una patologia del SNC è la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). La demenza, infatti, può essere un segno precoce o persino la prima manifestazione clinica dell'infezione dell' HIV.
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Criteri diagnostici DSM-IV per la demenza
A. Sviluppo di deficit cognitivi multipli manifestati da entrambe le condizioni seguenti:
1. Deficit della memoria (compromissione della capacità di apprendere nuove informazioni o di ricordare informazioni);
2. Una (o più) delle seguenti alterazioni cognitive:
a) Afasia (alterazione del linguaggio);
b) Aprassia (compromissione della capacità di eseguire attività motorie nonostante l'integrità della funzione motoria);
c) Agnosia (incapacità a riconoscere o a identificare oggetti nonostante l'integrità della funzione sensoriale);
d) Disturbo delle funzioni esecutive (cioè, pianificare, organizzare, ordinare in sequenza, a estrarre).
B. Ciascuno dei deficit cognitivi dei criteri A1 A2 causa una menomazione significativa del funzionamento sociale o lavorativo, che rappresenta un significativo declino rispetto a un precedente livello di funzionamento.
C. Vi è dimostrazione che il disturbo ha più di un' eziologia (per esempio trauma cranico più uso cronico di alcol).
D. I deficit non ricorrono esclusivamente durante il corso di un delirium.
Storia naturale
La sindrome cerebrale acuta può verificarsi nel corso di varie malattie mediche. Generalmente si risolve a mano a mano che si curano le patologie primarie. Le sindromi cerebrali croniche si sviluppano di solito in modo insidioso, le prime manifestazioni possono essere subdole e il loro significato appare chiaro solo in seguito. Eccessiva faticabilità, un umore malinconico, facilità di distrazione, depressione, irritabilità e mancanza di cura della persona possono essere presenti molto prima dei deficit di memoria, del deterioramento intellettivo e del disorientamento. La demenza può progredire sino all'incapacità totale e alla morte o stabilizzarsi per lunghi periodi.
Complicazioni
Le complicazioni principali delle sindromi cerebrali sono il deficit della capacità di giudizio, l'incapacità di prendersi cura di sé stessi, gli infortuni e il suicidio. Una delle decisioni più difficili da prendere per il medico riguarda il giudizio sulla capacità di intendere del paziente. Azioni come la perdita o la distribuzione di grandi somme di denaro, la compilazione errata di assegni, l'estrema trascuratezza nel vestire, il vagabondare e lo smarrirsi, imprevedibili esplosioni di rabbia ecc. possono richiedere provvedimenti legali che proteggano i pazienti dai loro stessi atti e permettano un ricovero a tempo indeterminato.
La sindrome cerebrale cronica, complicata dalla depressione secondaria, è uno dei disturbi psichiatrici associati al rischio di suicidio.
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Studi familiari
È chiara la base familiare, spesso genetica, di alcuni disturbi neurologici rari che portano alla demenza. Non c'è ancora prova, invece, di una predisposizione genetica familiare a sindromi cerebrali. Fondamentale è l' osservazione che la malattia di Alzheimer, la sindrome di Down e le sindromi mieloproliferative si raggruppino nelle stesse famiglie. Gli individui che soffrono della sindrome di Wernicke-Korsakoff possono invece avere una predisposizione genetica alla carenza di tiamina.
Diagnosi differenziale
Le sindromi cerebrali possono simulare il quadro clinico di altre malattie psichiatriche: gli attacchi d'ansia possono far pensare a un disturbo di ansia primario; l'umore depresso e l'apatia a un disturbo affettivo; le allucinazioni e le idee deliranti alla schizofrenia. L'aspetto cruciale in ogni caso è se il paziente manifesta un'evidente disorientamento o un deterioramento della memoria.
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CAP. 11) DISTURBO DI COMPORTAMENTO ALIMENTARE
I più importanti disturbi del comportamento alimentare sono l' anoressia e la bulimia.
L' anoressia è caratterizzata da un atteggiamento peculiare verso il cibo che porta al rifiuto ad alimentarsi, a una grave perdita di peso e ad una amenorrea persistente.
La bulimia consiste in abbuffate seguite in genere da vomito autoindotto e da pratiche purgative. Si può presentare associata all' anoressia o da sola.
Epidemiologia
L' anoressia nervosa non è una malattia comune anche se dati recenti indicano che la prevalenza dell' anoressia sta aumentando, specialmente il tipo associato con la bulimia con vomito autoindotto. La bulimia è comunque più comune dell' anoressia.
L' anoressia è molto più frequente nelle femmine che nei maschi, lo stesso vale per la bulimia. L' anoressia è più comune tra le allieve delle scuole professionali per danzatrici e modelle: in questi casi la malattia insorge dopo l'entrata in queste scuole. Un lavoro ha suggerito che gli adottati corrono un rischio maggiore di ammalarsi di disturbi del comportamento alimentare.
Quadro clinico
La sindrome esordisce con la preoccupazione di essere sovrappeso, seguita da un atteggiamento negativo verso il cibo. Si sviluppa un disgusto per quest'ultimo che è molto più forte del senso della fame. A mano a mano che diminuisce il peso corporeo, la paziente può perdere l'appetito: anche se magre queste donne si considerano ugualmente grasse e continuano a perdere peso. Sono vigili e allegre e inoltre possono essere iperattive, spesso si impegnano in esercizi fisici intensi. Talvolta possono ingozzarsi (bulimia) per poi provocarsi il vomito volontariamente. Per ridurre il peso, inoltre, possono usare dei diuretici, dei lassativi e dei clisteri.
Storia naturale
Molti pazienti con disturbi del comportamento alimentare hanno tassi elevati di depressione, ansia e abuso di droghe. Questi motivi aggiuntivi spesso complicano i disturbi del comportamento alimentare. Le date esordio vanno dalla prepubertà fino al principio dell'adolescenza. La personalità premorbosa delle pazienti anoressiche è caratterizzata da timidezza e introversione; in circa metà delle pazienti si registra comunque una guarigione completa o quasi. Alcuni pazienti hanno difficoltà persistenti, anche quando si risolve il problema dell'iniziale massiccia perdita di peso: essi consistono in disfunzioni mestruali, scarso adattamento sessuale, grandi fluttuazioni di peso e disturbi dell'appetito. I sintomi depressivi sono comuni.
Qualche volta la malattia si associa a possibili eventi scatenanti come la morte di un parente o la rottura di un fidanzamento. Un esordio precoce e una scolarità elevata sembrano predire una prognosi migliore; una prognosi peggiore si associa invece a un esordio tardivo, a una durata maggiore della malattia, a relazioni conflittuali con i genitori, al vomito, all'uso dei lassativi e alla gravità dei sintomi ossessivi e depressivi.
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Criteri diagnostici DSM-IV per l'anoressia nervosa
A. Rifiuta di mantenere il peso corporeo al di sopra o il peso minimo normale per l'età e la statura.
B. Intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso.
C. Alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità dell'attuale condizione di sottopeso.
D. Nelle femmine dopo il menarca, si sa amenorrea, cioè l' assenza di almeno 3 cicli mestruali consecutivi.
Specificare il sottotipo:
􀂾 Con restrizioni: nell'episodio di anoressia nervosa il soggetto non ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per esempio vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici).
􀂾 Con restrizioni/ condotte di eliminazione: nell'episodio attuale di anoressia nervosa il soggetto ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione.
Complicazioni
La complicazione più ovvia dell'anoressia nervosa è la morte per denutrizione. Alcune pazienti vanno incontro a una serie di complicazioni tra cui quelle cardiovascolari, che possono contribuire all'aumento della mortalità.
Criteri diagnostici DSM-IV per la bulimia nervosa
A. Ricorrenti abbuffate. Un'abbuffata è caratterizzata da entrambi i seguenti:
1. Mangiare in un definito periodo di tempo (ad esempio un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo in circostanze simili.
2. Sensazione di perdere il controllo durante l'episodio (ad esempio sensazione di non riuscire a smettere di mangiare).
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B. Ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie per prevenire l'aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, digiuno o esercizio fisico eccessivo.
C. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno due volte la settimana, per tre mesi.
D. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e del peso corporei.
E. L'alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa.
Specificare il sottotipo:
􀂾 Con condotte di eliminazione: nell'episodio attuale di bulimia nervosa il soggetto ha presentato regolarmente vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici.
􀂾 Senza condotte di eliminazione.
Studi familiari
Alcuni clinici sostengono che le pazienti anoressiche hanno madri dominanti e padri passivi; altri autori non sono d'accordo. Una trasmissione familiare dell'anoressia è rara, anche se uno studio ha dimostrato un'aumentata incidenza nelle sorelle dei pazienti.
Diagnosi differenziale
L'anoressia nervosa è caratterizzata da una incessante e ricerca di magrezza e non dovrebbe essere confusa con la perdita di peso che si verifica nel corso di altre malattie come la depressione e la schizofrenia. La denutrizione, quando la causa non è l'anoressia nervosa, si associa ad apatia e inattività e non all' iperattività e alla vigilanza che sono caratteristiche dell'anoressia.
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CAP. 12) LA VISITA PSICHIATRICA
Scopi della visita psichiatrica sono la valutazione del funzionamento mentale e la diagnosi di disturbi psichiatrici. La raccolta di informazioni sufficienti per la diagnosi di disturbi psichiatrici richiede che si conoscano i sintomi, il decorso e le complicazioni di tali disturbi. L'esame dello stato mentale è la parte della visita che valuta il pensiero, l'affettività e il comportamento del paziente in quel momento. La visita psichiatrica include, oltre a questi aspetti, anche la storia passata del paziente.
Lo schema per l'esame dello stato mentale ha lo scopo di aiutare l'esaminatore ad organizzare e comunicare le osservazioni sul paziente.
Esso è di comune uso e include diverse categorie:
Aspetto e comportamento: l'aspetto del paziente è sempre importante per la diagnosi. Per esempio gli schizofrenici sono spesso sporchi e trasandati. I depressi curano poco l'aspetto e l'abbigliamento. Un maniacale può indossare un cappellino buffo; portare gli occhiali da sole al coperto può essere invece indice di paranoia. I tatuaggi infine sono spesso associati alla personalità antisociale. Se il paziente dimostra più anni di quanti ne ha, o si può essere di fronte a una depressione o una tossicodipendenza di vecchia data L'atteggiamento verso l'esaminatore è altrettanto indicativo: i paranoici sono spesso diffidenti, sospettosi o ostili. Gli isterici provano a blandire il clinico elogiandolo nel confronto con i medici precedenti, spesso sono amichevoli, talvolta seduttivi. La depressione può accompagnarsi al camminare su e giù e al toccarsi continuamente le mani. La mania può riflettersi in unl'espressione gioviale ma volubile. Nella schizofrenia si possono invece osservare disturbi psicomotori come i manierismi, le posture anomale che il negativismo (il paziente fa il contrario di ciò che gli si chiede). Si osservano anche l' ecoprassia (il paziente imitare i movimenti di un'altra persona) e la flessibilità cerea (il paziente mantiene per lunghi periodi in posizioni scomode senza parente disagio). Può anche capitare che alcuni pazienti non parlino, questa condizione, chiamata "mutismo", si può vedere nella schizofrenia, nella depressione, nelle sindromi cerebrali organiche e nell'intossicazione da droghe.
Forma e contenuto del pensiero: il termine "forma" si riferisce alla comprensibilità delle associazioni. Le persone anziane spesso presentano circostanzialità: ritornano al punto ma solo dopo aver fornito una quantità eccessiva di dettagli. La tangenzialità consiste invece in un flusso ideativo che si allontana dall'argomento della domanda senza un ritorno al punto in questione. Gli schizofrenici spesso hanno un pensiero tangenziale. Il deragliamento, spesso presente nella schizofrenia, è un tipo di linguaggio in cui è impossibile seguire la città delle associazioni. L' ecolalia consiste invece nel ripetere le parole dell'esaminatore. Vi sono inoltre la perseverazione (in cui il
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paziente non è in grado di cambiare argomento) e il blocco (in cui il flusso del pensiero si arresta improvvisamente per essere poi sostituito da un argomento del tutto diverso).
Il contenuto del pensiero riguardo ciò che il paziente pensa e ciò di cui parla. Rientrano in questa categoria i deliri, le ossessioni, le compulsioni e le fobie. I deliri sono convinzioni false, si presentano nella sindromi cerebrali organiche, nella schizofrenia, nei disturbi affettivi e in varie forme di intossicazione.
Jaspers riteneva che il tema del delirio avesse significato diagnostico: se era comprensibile, era maggiore la probabilità che il paziente fosse depresso. I deliri comprensibili comprendevano quelli ipocondriaci, di povertà a di persecuzione in pazienti che si giudicavano malvagi. Jaspers faceva notare che spesso anche le persone sane possono preoccuparsi per la propria salute, per le proprie finanze e per l'opinione degli altri. Tali deliri sono quindi comprensibili.
Secondo lo studioso i deliri incomprensibili sono tipici della schizofrenia, questi hanno spesso un contenuto bizzarro e sono estranei alle esperienze della gente comune come per esempio la convinzione di essere controllati da forze esterne o di essere Gesù o Napoleone.
Il contenuto riguarda anche i disturbi percettivi, nelle illusioni, uno stimolo reale viene percepito in modo erroneo (ad esempio si scambiano circa vero serpente); nelle allucinazioni, invece, si hanno delle percezioni in assenza di uno stimolo. Altre distorsioni percettive sono la depersonalizzazione (la sensazione strana di essere cambiato), la derealizzazione (la sensazione che qualcosa è cambiato nell'ambiente) e il deja vu (una sensazione di familiarità con qualcosa mai visto).
Affetto e umore: il termine "affetto" si riferisce alle emozioni espresse dal paziente, che possono essere più o meno in sintonia con l'umore e il contenuto del pensiero da questo riferiti. Talvolta l' affetto è "appiattito" se è assente l'usuale fine modulazione dell'espressività facciale. Infine accade che i pazienti isterici manifestano un affetto inappropriato in quanto possono descrivere dolori terribili con il tono rilassato.
 
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